Quando la troia apre la porta, rimane inebetita dalla sorpresa. Si aspetta il solito vecchio bavoso e pelato invece la sorte le ha spedito una specie di dio pronto a soddisfare i suoi istinti e a farle passare un'ora e più di puro godimento.
Quasi tutte alla fine mi ringraziano, di solito lo fanno dopo aver ricevuto i soldi, sì perché una brava professionista va pagata come si deve, sopratutto se fa un ottimo lavoro. Provo comunque a chiedere uno sconto, non si sa mai. Mi dice di no, forse la prossima volta. Non si rende conto della fortuna che ha avuto ad essere scopata da me. Non ci sarà una prossima volta. La prossima volta ci sarà un altro culetto da schiaffeggiare al posto del suo. A volte godono talmente tanto che penso dovrebbero essere loro a pagare me.
Non ho ancora parlato del mio lavoro. Non ce l'ho. Ho provato ad entrare in alcune aziende, ma queste persone pretendono che mi metta una tuta e che faccia l'operaio. Forse non hanno capito bene: o mi danno un ufficio o niente. Glielo detto e mi hanno risposto che per ruoli rilevanti e di responsabilità in azienda bisogna avere almeno il diploma. Non hanno proprio capito un cazzo. Io non ho bisogno del diploma perché possiedo già la laurea della strada. Tutto ciò che so l'ho provato sulla mia pelle, la mia esperienza l'ho acquisita sul campo facendomi il culo e sono tutte le sofferenze superate ad aver forgiato l'uomo di successo che si sono trovati di fronte. Glielo detto ma dicono che non basta, ci vuole per forza il diploma.
Vabbè, oh io ci ho provato.
Qualche anno fa ho partecipato a Mister Italia. Ho quasi vinto. Sono arrivato tra i primi venti su cento. In realtà non avrei mai potuto vincere. Non uno come me, non chi onestamente va in palestra tutti i giorni cercando di scolpire il fisico, non chi nutre la mente con programmi culturali come "Pomeriggio Cinque", "Voyager" o "Mistero". No, non noi. Vince chi ha il culo coperto, chi ha conoscenze in giuria, chi è figlio o parente di... la meritocrazia in Italia è una pia illusione. Un miraggio irraggiungibile. Ci raccontano che siamo liberi ma finché saranno gli altri a decidere del nostro futuro, la libertà è solo una parola con cui riempirsi la bocca in campagna elettorale.
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Ieri guardando Lucia, ho notato un filo di pancetta che tempo fa non c'era. Glielo fatto notare e anche lei non sa proprio cosa pensare. Le ho fatto capire che deve rimediare alla situazione attuale e darsi una regolata col cibo.
Ho iniziato allora a osservarla con occhio critico e mi sono presto accorto che, nonostante la palestra e la dieta ferrea che le impongo, i fianchi le si continuano ad allargare in modo costante. Perfino il seno che qualche tempo fa era l'emblema della perfezione, ha perso il suo splendore e sta cominciando un inesorabile decadenza che lo porterà, in un futuro non molto lontano, ad avere il capezzolo rivolto verso il pavimento.
Questo è inaccettabile.
Ok, è arrivato il momento di cambiare. Come pretesto, sfrutto la sua crescente voglia di maternità, le spiego che capisco i suoi bisogni ma che in questo momento non sono in grado di darle ciò che vuole. Non sono ancora pronto ad avere un figlio e forse non lo sarò mai. Le dico che dobbiamo lasciarci per il suo bene. Le spiego che a 25 anni ha ancora tutto il tempo per costruirsi la vita che desidera. Sono così saggio che dovrebbero prendermi come opinionista a "Uomini & Donne". Credo che manderò un curriculum anche a loro. Non si sa mai.
La rassicuro che il mio dolore passerà e che presto staremo meglio entrambi. Simulo una faccia disperata ma risoluta e mi allontano per sempre da lei. Le volto le spalle e mentre mi allontano sento che la vita ricomincia a sorridere. Mi sono liberato di una palla al piede che inizialmente era bellissima, fresca e soda ma che si stava avviando verso la lenta decomposizione che tocca a tutti, prima o poi.
Sciò, vattene via! Vola verso altri lidi. Il mio è tornato finalmente libero. Ho solo 48 anni e di figa ne è pieno il mondo. Più Passa il tempo più sembra te la vogliano regalare. Io la prendo sempre molto volentieri. Non stasera però. Stasera c'è la partita dell'anno: Napoli-Juve. La fanno vedere su Sky. Trovo ingiusto dover pagare per vedere la televisione, che dovrebbe essere gratis per tutti. Non ho la minima intenzione di scucire nemmeno un centesimo, quindi vado da papà che l'abbonamento lui ce l'ha.
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Il Napoli ha perso. Scommetto che la Juve ha pagato la terna arbitrale. Fuorigioco inesistenti, falli non fischiati, cartellini rossi non estratti dal taschino. Non si può perdere 4 a 1 così. Un gol era da annullare e il rigore? Quello proprio non c'era! Per noi invece il rigore era grosso così! L'ha fischiato? Ovviamente no! Se poi quella maledetta traversa non avesse respinto il pallone avremmo sicuramente vinto noi.
Dicono che Moggi sia fuori dai giochi ma datemi retta, quello trama ancora dietro le quinte e protetto dall'oscurità tira ancora i fili dei burattini di questo calcio malato.
Manderò un nuovo curriculum a Mediaset. A Tiki-Taka ci vuole qualcuno che dica la verità. La gente deve sapere. Nessuno deve perdersi le mie rivelazioni.
Non capisco perché non mi chiamino mai. Se non per il mio acume, almeno per la mia bellezza ed eleganza.
Certe cose proprio non si spiegano.
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Ho incontrato una compagna dei tempi dell'università. Non ero iscritto, frequentavo i corsi solo per rimorchiare, ovviamente. Fingevo di essere uno studente per conoscere pollastrelle disponibili ad uno scambio di fluidi corporei. La facoltà che mi ha dato più soddisfazioni è psicologia. Le future psicologhe te la tiravano addosso come i carri di carnevale lanciano le caramelle.
Naturalmente non ha resistito al mio fascino e ha accettato di prendere un caffè. È invecchiata parecchio, ma lo scopo è comunque quello di farsela. È da un po' che non chiamo le mie puttane. Il conto è quasi vuoto. Mio padre ormai non ci sta più molto con la testa e a volte si scorda di versare i soldi. Oggi lo chiamo e glielo ricordo. Non è possibile che per provvedere ai miei istinti debba cercare di rimorchiare questa tardona; e mi tocca pure accontentarmi. La vita sta iniziando ad essere difficoltosa anche per me; questa crisi economica non risparmia proprio nessuno.
Parliamo e sorseggiamo amabilmente le nostre bevande nella caffetteria più in voga della città. Siamo seduti in piazza. Diamo visibilmente sfoggio della nostra superiorità rispetto alla gente normale che, con passo svelto si dirige verso chissà quale lavoro sottopagato. La gente ci guarda e ci invidia. Lo so.
Cerco di farla parlare molto di sé, fingo di essere interessato a tutto ciò che dice anche se non la sto ascoltando per niente; continuo a pensare che se Hamsik non avesse preso quella traversa avremmo vinto. Un gol così avrebbe dato morale alla squadra e col cazzo che la Juve si sarebbe portata a casa tre punti.
Lei continua a blaterare qualcosa sul suo ex marito che ha fatto non so cosa non ho capito bene a chi, quando ad un certo punto inizia a parlare di me. Me ne accorgo perché dice, testuali parole:
<<Ricordo che quando ti ho conosciuto mi sembravi un dio. Bellissimo, curato in ogni aspetto. Facevi una gran figura con la tua macchina. Cos'avevi allora?>> - <<una Porsche 911 nera>> dico io con un sorriso compiaciuto.
<<È vero... Bellissima! Eri il sogno di molte ragazze della facoltà. Poi una giorno mi hai chiesto di uscire e io ho accettato. Ti ricordi?>> - non me ne ricordavo. Me ne ero fatte talmente tante che ad un certo punto i visi e le personalità avevano iniziato a confondersi. Per non offenderla confermo il suo ricordo.
<<Ero eccitatissima. Passasti a prendermi con un ora di ritardo. Io ti ho comunque aspettato e quando sono salita in macchina con te, ho iniziato a scoprire chi tu fossi e a capirti sul serio>>.
<<E chi sono?>> Lei porta la tazza alla bocca, beve un lungo sorso di caffè. Appoggia delicatamente la tazza sul tavolino ed ecco che ricomincia ad adularmi. Vuole portarmi a letto. Lo so io, lo sa lei. Non serve tutto questo teatrino.
<<Hai detto bene. Chi sei? Perché mi sembra che tutti questi anni non ti abbiano minimamente cambiato>>
<<Grazie è un gran complimento!>> "Dai andiamo da me" penso "lasciamo perdere queste stronzate e andiamo a scopare".
<<In realtà non lo è. Mentre il tuo aspetto esteriore si è deturpato come quello di tutti, la tua mente è rimasta infantile come allora. Fai discorsi che mio figlio di 14 anni troverebbe imbarazzanti per loro semplicità, vivi sfruttando i soldi di tuo padre e sopravvivi di espedienti. Continui a basare tutta la tua vita sull'apparenza, basta vedere il ridicolo trapianto di capelli che ti sei fatto. Guidi ancora una Porsche, ma non hai i soldi per il pieno, vivi in un loft in centro che non ti puoi permettere; e allora mi chiedo: chi sei davvero?>>
<<Sembri conoscermi bene. Dimmelo tu chi sono.>>
<<Non trovi nemmeno argomenti per difenderti. Non sei altro che una maschera che tenta di recitare una commedia solo sua, una commedia a cui tutti hanno ormai smesso di interessarsi e che trovano solo patetica. Mi piacerebbe disturbare il pesante sonno della tua mente, svegliare la tua coscienza e farti capire la realtà che ti circonda. Vorrei che ti vedessi da fuori e che capissi quanto è ridicolo vedere l'impegno che metti per far credere agli altri di essere ciò che tutti capiscono benissimo che non sei. Vorrei farti capire che tutto quello che hai, un giorno non molto lontano lo potresti perdere perché di tutto ciò che possiedi, tu non hai costruito niente. Nulla è veramente tuo.
Ormai hai 50 anni e non sarò di certo io a farti cambiare, ma trovavo giusto dirti queste cose>>.
<<Ne ho 48 di anni, comunque>>.
Inspiegabilmente si alza e se ne va senza nemmeno salutare, lasciandomi non solo le palle piene, ma anche il conto da pagare.
Vent'anni fa devo averla scopata proprio male.
Peggio per lei, non saprà mai quello che si è persa oggi.
Con nonchalance mi alzo, sistemo accuratamente la sedia sotto al tavolino e lentamente m'incammino verso Corso Venezia.