mercoledì 22 giugno 2016

Nel Bianco


Mentre fumavo quella che sarebbe stata la mia ultima sigaretta, l’impianto stava per farci un brutto scherzo. I sistemi non rispondevano e il compressore del Gas era prossimo al blocco.

Avevo deciso di smettere di fumare con l’arrivo del nuovo anno.

Erano ormai sei mesi che avevo programmato e aspettato il 1 Febbraio 2016. 
Mancava ancora qualche giorno alla data prevista.
Non sapevo che quella sarebbe stata l’ultima sigaretta, altrimenti, e posso giurarlo, l’avrei fumata tutta.

<< È andato in blocco il compressore 92, in blocco il 92!! >> 
La voce di S. irrompe dal microfono auricolare della radio Motorola che porto appesa alla cintura.
<< Porca troia!! >> dico facendo un ultimo lungo tiro di sigaretta e bestemmiando per il fatto di doverla spegnere a metà.
Io e G. fumiamo seduti sulle panchine del punto ristoro ma n
on c’è più tempo, dobbiamo correre verso il compressore che si è fermato. 

In un attimo siamo lì.

Mentre facciamo le manovre per mettere in sicurezza il resto dell’impianto, in sala controllo cercano di capire le cause di quel blocco improvviso.

Dopo mezz’ora di lavoro, il grosso ormai è stato fatto.
Dobbiamo solo aspettare il consenso per ripartire e quindi prepararci di conseguenza.

<< Mancano solo le gabbie da girare >> dice F.
<< Facciamolo e poi andiamo a fumare >> dico io.
<< Siamo in quattro, una valvola a testa, è un attimo! >> dice M.
<< Ottimo! Io vado da quella del C81 >> e mi avvio verso la mia valvola.

Mentre mi sto arrampicando su una scala marinara per andare su un ballatoio situato due metri e mezzo da terra, non noto nulla di strano. 
Guardo la valvola che devo aprire e l’occhio mi cade su una fitta nuvola che mi viene incontro. Sembra vapore, ma c’è qualcosa di strano in quella nuvola. Non si espande come fa normalmente il vapore. 

Prendo la radio e avviso i colleghi che c’è qualcosa che non quadra vicino a dove sono io.

<< Ma sono in alto. Provate a vedere meglio voi! >>.
La nuvola rimane bassa. Non è vapore.
Sta avanzando piuttosto rapidamente e ormai è tutta intorno a me;
Non c’è dubbio, è Gas.
La situazione si sta velocemente aggravando.
Penso:

“Però è bassa”.
“Mi arriverà alle ginocchia”.
“Ce la posso fare”.

Decido di scappare, tappo naso e bocca e comincio a scendere la scala marinara.
Appena il mio piede tocca terra, la perdita che aveva provocato la nuvola di Gas, aumenta all’improvviso inondandomi completamente.

Mi ritrovo immerso in una nuvola di gas di una sostanza tossica, pura al cento per cento.


Vengo preso dal panico.
Intorno a me tutto è bianco.
Non distinguo più nulla, forme e colori non esistono più.
Mi iniziano a bruciare gli occhi.
Non so più orientarmi, non ho punti di riferimento.
Comincio a correre nella direzione che penso possa portarmi fuori dalla nuvola.
Non trattengo più il fiato.

“Devo farcela!”
“Non devo respirare”.

Corro e sbatto contro qualcosa, ricomincio a correre e sbatto contro qualcos’altro.
Alla fine, come era prevedibile, respiro una boccata di Gas.
Inizia a bruciarmi la gola.
Con le ultime forze vedo che ho imboccato la strada giusta e riesco finalmente a distinguere di nuovo le forme e gli oggetti davanti a me.
La vista è sfocata ma sono sicuro, ce l’ho fatta! Sono salvo.
La nebbia che mi avvolgeva si è disciolta e vedo brillare di nuovo i colori del mondo.




Poi, buio.

Un dolore enorme mi prende la testa e il torace.
Sento voci lontane che mi chiamano ma tutto è immerso in un silenzio profondo.
Una fitta si pianta nel cervello come un chiodo nel burro e un fischio assordante mi riporta in me. 

Ogni rumore, da ovattato e lontano, torna forte e presente.
Apro gli occhi. Bruciano tantissimo. Fatico a tenerli aperti. 
La luce del sole fa male.
Sono steso a terra.
Per radio mi chiamano senza sosta.
Cerco di parlare ma la voce non esce.
Riprovo, niente.
Nel frattempo mi incammino per uscire dall’impianto e finalmente con un sibilo di voce dico:

<< Sono Qui >>
<< D. sei tu? >> Chiede R.
<< Sì! Sono qui… >>
<< Dove sei? D… dove sei? >>

Non ce la faccio più a rispondere.
Una scarica di tosse incontrollabile mi piega in due.
Continuo a camminare.

Nella mia testa si accavallano mille pensieri.

“Sono svenuto”.
Mia figlia che corre sorridente verso di me.

“Cazzo che male”.
Mia moglie che mi abbraccia affettuosa.

“Non me ne sono nemmeno accorto.”
Mia madre che mi accarezza con dolcezza.

“Potevo Morire”
Mio padre che ride allegro.

“Ce l’ho fatta”.
“Sono fuori.”
“Aiuto!”

Ho la tuta strappata sul ginocchio destro e sono completamente impolverato.
Qualche graffio sulle nocche delle mani, un paio di lividi nelle gambe e un ginocchio sbucciato.
Respiro a fatica, gli occhi bruciano e non riescono a stare aperti.

“Ma sto bene”.
“Sono vivo cazzo!”.
“No, non sto benissimo in realtà”.
“Ma sono vivo cazzo!”.

Sbuco dal lato nord dell’impianto. 
I ragazzi vedendomi mi corrono incontro.
Hanno con loro acqua e ossigeno. 
Continuo a tossire e a sputare. 
Fatico a riprendere fiato. 
Gli occhi non stanno aperti.
<< D! Come stai? >> dice F.
<< Tutto ok… Tutto ok! Ci sono! >>

Alla fine è arrivata l’ambulanza, mi hanno applicato il primo soccorso e poi mi hanno portato in ospedale per le visite di controllo. 
Il responso dei controlli ha evidenziato una violenta infiammazione delle prime vie respiratorie.
Stop al fumo per almeno due settimane.
"Merda!!" Ho pensato istintivamente.
In realtà non ho mai più avuto voglia di fumare.

Me la sono vista brutta. Molto brutta. 
In quei momenti disgraziati, non pensavo a niente. 
Avevo paura, ma non ero disperato. 
In quelle situazioni agisci d’istinto, fai tutto ciò che è in tuo potere per salvarti.
Poi è la fortuna che decide se il tuo istinto ha imboccato la strada giusta o no.

Se fossi morto la sotto, probabilmente non me ne sarei nemmeno accorto, proprio per il semplice fatto che non mi sono accorto di svenire.
Non ho avuto un momento lucido in cui ho pensato: “cazzo, non ce la faccio, NON CE LA FACCIO”.
No, niente di tutto ciò. 

Correvo, scappavo, sbattevo e mi sforzavo per sopravvivere.

Quando sono svenuto, è stato come se qualcuno spingesse un interruttore e spegnesse una lampadina.

Luce sì. Luce no.
Nel momento in cui è tornata la luce, ho capito di avercela fatta.
Non ero morto.

In quel momento ho realizzato che a fare la differenza tra la vita e la morte è solamente la fortuna di imboccare la direzione giusta al momento giusto.
Penso che sia così per ogni scelta che compiamo nella vita, soprattutto quando intorno a te è tutto bianco e non vedi nulla.

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