In un grigio pomeriggio di fine inverno del 1994, feci una scoperta che rivoluzionò la mia intera esistenza. Avevo undici anni, ed ero nella mia cameretta alle prese con una tavola di disegno tecnico da consegnare per il giorno seguente. Non era un lavoro impegnativo, quindi avevo acceso la televisione in modo che mi facesse un po’ di compagnia mentre sbrigavo quel lavoro noioso. La tv blaterava di storie e argomenti che sentivo, ma non ascoltavo veramente. Le voci non erano altro che un ovattato brusio coperto dai miei pensieri fanciulleschi quando, improvvisamente, alcune parole attirarono la mia attenzione facendomi ascoltare tutto con curiosità ed interesse. La tv rimandava immagini di ragazzini imberbi, che io identificavo come miei coetanei, intervistati su scottanti questioni riguardanti il sesso. I miei occhi continuavano a fissare il foglio concentrati sul lavoravo che stavo svolgendo, ma le orecchie erano attentissime a captare ogni sillaba di ciò che veniva detto. Il microfono arrivò nelle mani di uno sbarbatello con quattro peli sotto al naso, che si mise a descrivere l'atto onanistico maschile concludendo la descrizione con la frase che cambiò per sempre la mia idea di utilizzo del pisello. Disse: "e alla fine ho visto uscire della "Roba Bianca" dal mio pene, e mi è piaciuto assai!”.
Rimasi immobile per qualche secondo. Forse avevo capito male… No no, avevo capito benissimo, solo che non avevo la minima idea di cosa significasse quello che quel ragazzino mi aveva rivelato. Da quel momento in poi il pisello aveva una nuova funzione, una funzione misteriosa che io avevo tutta l’intenzione di scoprire.
Anche se avevo compreso molto poco di ciò che era stato detto, avevo però capito perfettamente la parte fondamentale del discorso: “Roba Bianca che esce dal pisello”. Che roba è? La curiosità era a mille, dovevo assolutamente saperne di più e lo dovevo sapere subito!
Lasciai la scrivania, abbandonai il disegno e andai alla ricerca di qualcuno che potesse dissolvere ogni mio dubbio. Trovai mia madre in salotto intenta a stirare mentre guardava "Uomini e Donne" su Canale Cinque; non proprio la scelta migliore, ma non avendo altre opzioni le presentai il mio quesito:
<<Madre?>>
<<Sì, Figlio?>>, disse lei senza degnarmi di uno sguardo.
<<Cosa significa masturbarsi? E che cos'è la "Roba Bianca" che esce dal pisello?>>.
In quel momento, per mia madre si fermò tutto. Probabilmente ogni movimento, ogni suono le sarà sembrato provenire da luoghi lontani e sconosciuti. Rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto abbastanza a lungo da far sì che il ferro da stiro lasciasse la sua impronta marroncina sulla camicia azzurra di papà.
<<Quindi Madre?>>
<<Non so di che cosa tu stia parlando>> disse rianimandosi.
<<Invece lo sai, dai dimmelo!>>.
<<NO!>> urlò. Poi aggiunse <<dove hai sentito queste cose? Chi te ne ha parlato?>>.
Per lei questa mia curiosità era una brutta tegola. Era la seconda domanda scomoda che le facevo in quel periodo. Solo qualche mese prima, i miei compagni di classe mi avevano rivelato che Babbo Natale non è mai esistito. Ne fui sconvolto ma provai comunque ad argomentare dicendo loro che i miei stessi occhi l'avevano visto a casa mia quando avevo cinque anni, e che quindi non c’erano dubbi sulla sua esistenza. I miei compagni furono irremovibili; mi dissero che probabilmente era un amico dei miei genitori travestito. <<Babbo Natale è un invenzione, fine della storia>> disse il più crudele tra loro.
Il Natale non fu mai più lo stesso.
Come i miei genitori fossero riusciti a mantenere in piedi quella sceneggiata fino ai miei undici anni racconta molto sulla mia spigliatezza; è probabile che non fossi un bimbo particolarmente sveglio, ma forse stavo evolvendo. In pochi mesi ero passato da scrivere con la mamma lunghe letterine indirizzate a Babbo Natale, a chiederle come fare per far uscire la "Roba Bianca" dal pisello.
Raccontai a mia madre del servizio che avevo visto alla tv e la pregai, la scongiurai, la supplicai di spiegarmi. Non ne volle sapere. Mi disse di chiederlo a mio padre al suo rientro. Lui mi avrebbe dato tutte le risposte.
Arrabbiatissimo dall'incompetenza di mia madre in materia, andai in camera mia e sbattei forte la porta. Come poteva non sapere? Mi stava mentendo! Perché tutto questo mistero? Voleva che restassi per sempre un bambino ignorante che non conosce nulla del mondo e a cui viene nascosto ogni particolare scabroso della vita degli adulti? Perché non potevo sapere? Ma soprattutto, cosa diavolo era la "Roba Bianca"?
Troppe domande intasavano il mio piccolo cervello, mi vestii in fretta e uscii di casa.
Prima andai da mia nonna, mi accolse con il consueto calore e mi offrì tè e biscotti. Li accettai e dopo la merenda, al momento che mi sembrò più opportuno, le formulai i miei scottanti dubbi.
Mi rincorse brandendo una scopa e urlandomi contro maledizioni in dialetto. Non ebbi altra alternativa che la fuga.
Andai allora da mio zio Fausto, ma anche lui non volle dirmi nulla, asserendo che prima o poi l'avrei scoperto da solo.
Provai allora con zia Elena, ma anche in quel caso me ne andai sconsolato senza nessuna risposta, umiliato anzi delle grosse risate di lei, che in sottofondo accompagnavano la mia triste uscita di scena.
Ma perché nessuno voleva rispondere ad una semplice domanda?
L'ultimo tentativo fu andare da mio padre, ma ovviamente era troppo impegnato per prestare attenzione alle mie cavolate e mi liquidò con la promessa mai mantenuta di parlarmene l'indomani.
Tornai a casa. Triste, incazzato e senza risposte.
Il giorno dopo, appena arrivato in classe fu la prima cosa che chiesi ai miei compagni. Sembravano smarriti, non capivano nulla di quello che raccontavo; allora non ero l'unico a non sapere! La cosa mi rinfiancò un poco.
Paolo e Andrea estrassero dai loro zaini dei logori giornaletti soft-porno e in cerchio, cercammo delle prove che ci facessero comprendere le parole di quel ragazzino visto alla tv. Era l'appassionante ricerca di una risposta ad uno dei misteri del mondo degli adulti, un mistero che riguardava tutti noi fortunati possessori di un pene. Avevamo una bacchetta magica tra le gambe e non sapevamo come sfruttarla.
Dalle riviste però non arrivammo a comprendere nulla. In quegli scatti, l'atto sessuale era una banale simulazione e non si vedeva nulla di veramente esplicito e istruttivo. Il grande mistero della "Roba Bianca” rimase tale.
La svolta arrivò all'intervallo. Eravamo in giardino e tra una merendina e l'altra ognuno esponeva la propria teoria, quando all’improvviso, una voce richiamò la nostra attenzione:
<<Ehi, marmocchi!>> Ci girammo tutti.
Era Vanessa, nostra compagna di classe nonché ragazza più anziana della scuola grazie a tre bocciature di cui una in quarta elementare. Ci guardò con un mezzo sorriso compiaciuto e disse: <<Sono stanca di sentire le vostre stronzate. Ho riso abbastanza per oggi. Vi spiego tutto io>>.
Ci raccontò tutto ciò che sapeva, dalla meccanica del gesto, fino allo sbalorditivo finale. Ci disse tutto, tranne quale fosse la sensazione che si prova all'uscita della "Roba Bianca”, la quale finalmente aveva un nome scientifico: Sborra.
Bene! Eravamo finalmente istruiti. Non ci restava che provare.
Passò una settimana da quella straordinaria scoperta e tutti avevano avuto il loro primo orgasmo. Tutti tranne me. Io non ci provai nemmeno.
Ora sapevo cos'era, ne avevo compreso le basi, avevo capito come eseguire la manovra e, dai racconti dei miei compagni, mi ero anche fatto un’idea più o meno precisa di che cosa si provasse; non mi restava altro da fare che mettere in pratica tutte le nozioni acquisite in quella settimana, ma non so perché, tentennavo.
Passarono i mesi, e i miei compagni erano ormai divenuti esperti masturbatori. Non passava giorno in cui non si scambiassero consigli su come migliorare le proprie performance. Facevano persino gare di velocità, dove chi riusciva a venire per primo era il masturbatore più abile della classe! Chissà cosa darebbero oggi quei fenomeni per cancellare ogni loro record!
C'era addirittura chi si cronometrava e sbandierava a tutti come era riuscito a venire in undici secondi netti: "Sei un grande!" lo compiaceva il gruppo di segaioli. Ricordo di un compagno che aveva preso l'abitudine di segnare sul diario ogni volta che veniva. Oramai era un delirio collettivo. Un delirio che avevo iniziato io ma al quale non presi parte. Non subito almeno.
E così, tra un record e l’altro, l’anno scolastico finì e finalmente arrivarono le vacanze estive.
Era ormai un bel po' di tempo che non sentivo parlare di sborrate di 2 metri o di venute in 14 secondi: <<pensa, a soli 3 secondi dal record di Stefano!>>. Il delirio era ormai scemato e tutta la vicenda, sembrava essere solo un lontano ricordo.
Una calda notte di Luglio stavo leggendo un romanzo di Stephen King, quando all’improvviso, non so come, non so perché, presi a toccarmi il pisello. Il sangue iniziò subito a confluire nei vasi sanguigni e in pochi istanti ero nella situazione ideale per tentare ciò che tutti definivano "la scoperta del secolo".
Chiusi il libro, spensi tutte le luci e mi ritrovai nella semioscurità della mia cameretta. Iniziai dolcemente a manipolare la mia appendice. Avevo nozioni in abbondanza e sapevo come muovermi ma faticavo ad arrivare al dunque. Sbagliavo qualcosa oppure io ero l’unico ad essere escluso da quell’atto miracoloso? Cosa c'era in me che non andava? Mi stavo facendo queste domande filosofiche quando all'improvviso una breve tempesta di brividi mi prese sotto lo stomaco. Capii che ero sulla buona strada e aumentai la velocità; ebbi un altro scossone al bacino, poi un altro, poi un brivido salì dai lombi lungo la schiena che si inarcò in maniera quasi innaturale rilanciando la scossa del godimento in tutto il corpo fino al cervello e dal cervello giù ancora. L’estasi di cui tutti parlavano esplose finalmente anche dentro di me e il mio pene spruzzò per la prima volta la "Roba Bianca" sulle lenzuola già umide di sudore.
Rimasi lì qualche minuto, immobile. Guardavo il soffitto, disteso con le gambe divaricate e il cazzo tra le mani. Finalmente avevo compreso quello di cui tutti parlavano. Prima potevo solo immaginare di cosa si trattasse, ma una sensazione del genere non era immaginabile, non era spiegabile, non si poteva nemmeno descrivere. Solo provandola si poteva capire la reale portata del piacere e il godimento infinito che regalava.
Nulla di ciò che avevo provato nella mia breve vita era mai stato così intenso e avvolgente.
Dopo queste lucide considerazioni “ripresi in mano la situazione“ e cominciai ad allenarmi furiosamente per infrangere tutti i record della mia classe, e non è nemmeno da chiedere: ce la feci.
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