Qui, la notte è il momento peggiore. Quando cala il silenzio sul campo e nessun rumore arriva a distrarre i pensieri che affollano la nostra mente.
Cosa succede realmente? Perché siamo qui? Cosa abbiamo fatto per meritarlo?
Sono domande senza risposta e questa, forse, è la cosa peggiore.
Ogni mattina uno di noi se ne va e non fa più ritorno. Non c'è un ordine preciso. Ogni giorno può essere uno qualsiasi di noi a non tornare.
Tra noi non si fa parola di quello che potrebbe succedere agli sfortunati che se ne vanno, ma ognuno in cuor suo ha un'idea della risposta e sa quello che succede oltre le sbarre.
Qui, la notte nessuno dorme. Qualcuno piange, qualcun altro prega; io cerco solo di sognare. Sogno la fine di questa prigionia. Sogno la fine della guerra e sogno una vita normale. A volte sogno anche di ammazzare tutti quanti, di prendere per il collo i colpevoli delle nostre sofferenze e di vederli soffocare sotto la pressione delle mie dita intorno alla loro gola. Sogno di vedere la loro faccia cambiare tonalità, passare dal rosa al rosso e infine al viola scuro e sogno di vedere che, con la loro vita, se ne va anche la nostra sofferenza.
Poi la notte finisce, la cella si apre, un soldato entra, ci grida qualcosa di incomprensibile e uno di noi a caso viene portato fuori. Non lo rivedremo più. Spero che adesso sia libero di andarsene per la sua strada. Spero che un giorno toccherà anche a me vedere cosa succede oltre le sbarre.
Qui, la notte è per molti il momento più duro perché se non hai più niente da sognare, allora non hai più niente in cui sperare, e se non hai più niente in cui sperare, allora sei un uomo morto.
E qui, lo siamo già tutti.
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