I miei vicini di casa litigano in continuazione.
Li sentiamo ogni sera. Urlano, si insultano, discutono e poi fanno pace.
È sempre così.
Li sentiamo ogni sera. Urlano, si insultano, discutono e poi fanno pace.
È sempre così.
Lei accusa lui di essere poco presente, di trattarla come se fosse la sua serva personale e di averle mentito sul fatto che avrebbe smesso di fumare.
Lui accusa lei di non essere amorevole come all'inizio, di non assecondare le sue necessità e di non essere più passionale sotto le lenzuola.
I miei vicini di casa hanno ottant'anni.
A ottant'anni si hanno ancora questo tipo di discussioni.
Speravo che invecchiando, i dissapori di tutta una vita insieme svanissero con la progressiva perdita di memoria e il garantito rincoglionimento cerebrale.
Evidentemente non è così.
Ogni sera lui va al bar. Puntuale alle otto e trenta esce di casa con il suo sacchetto dell'umido, lo butta nel bidone e parte a piedi verso il Caffè del paese che non dista più di 200 metri da casa.
Alle 22 torna a casa. Ogni sera così. Non sgarra mai.
Mi capita spesso di incrociarlo mentre lentamente va al bar. Ogni volta sta fumando una sigaretta.
Credo sia l'unica della sua giornata.
Lo capisco da come se la gusta. Conosco bene, da ex fumatore, il desiderio che si prova a fumare la prima sigaretta dopo tanto tempo che ne aspetti una. Capisco che è l'ultima dallo sguardo sofferente, dalla bocca che trattiene il fumo e da come questo è soffiato lentamente fuori dalle labbra semichiuse.
Fuma mentre va al bar perché così la moglie non può dire niente sulla puzza da fumo dei vestiti. L'odore di fumo nel fiato, verrà nascosto con un bicchiere di bianco fermo e comunque, il sapore di fumo se ne sarà andato dalla bocca prima del suo ritorno a casa.
Ogni volta che lo guardo penso sempre che quell'uomo non è libero di fare quello che vuole nemmeno a ottant'anni. Mi specchio in lui nella speranza di riuscire a deformare e infine cambiare l'immagine che vedo. Cerco in ogni modo di modificarla perché la mia immagine, in futuro, non assomigli affatto alla sua.
Ogni giorno che passa, mi rendo conto che nessuno è libero veramente.
Siamo tutti legati a persone che in un modo o nell'altro influenzano le nostre scelte. Consapevoli o meno, è così.
Ed è normale che sia così.
Il vecchietto è sicuramente influenzato dalla moglie. Quando alla sera esce di casa, in quell'ora e mezza pensa di respirare quella che gli sembra libertà. Sa però che un leggero senso di colpa lo tormenterà per tutta la serata. Ha di nuovo lasciato sua moglie in casa, seduta su una poltrona davanti alla tivù, da sola. Cercherà di distrarsi con due bicchieri di vino e con qualche chiacchiera da bar, ma probabilmente, nella testa avrà come un fastidioso ronzio, una voce che gli dice che ha fatto (di nuovo) la cosa sbagliata.
Quindi, invece di rimanere fino a chiusura, come vorrebbe tanto fare, si riporta a casa ad un orario decente.
La moglie è ancora sveglia, frustrata e inviperita, le saltano i nervi, lo aggredisce verbalmente e lui risponde a tono.
Ed ecco che il rituale della litigata ha inizio.
Sei uno stronzo ingrato!
Ma se sono tornato prima per stare con te!
Potevi anche non uscire. Pensi solo a te stesso.
Se pensassi a me stesso adesso sarei con gli amici e non qui.
E io che mi spacco la schiena tutto il giorno per tenere questa casa pulita. Senza di me vivresti immerso nella merda.
Forse, ma almeno non avrei una rompicoglioni tra le palle! E poi che cazzo centra questo adesso?
Che sai solo andare al bar. Non passi mai del tempo con me. Mi sfrutti e basta.
Sarà perché quando sono con te ti lamenti di qualsiasi cosa e non si parla mai di nulla di sensato.
Perché parlare di pallone tutto il giorno ha senso vero?
Di più che spettegolare...
Si va avanti così per un po'. Poi i toni si abbassano e ritornano a parlare normalmente.
Pochi minuti dopo sento degli inconfondibili colpi ritmici.
Quasi come se qualcuno piantasse, molto lentamente, un chiodo nel muro.
Guardo mia moglie seduta accanto a me sul divano.
Le faccio un cenno di intesa.
Lei coglie le mie avance, avvicina le labbra al mio orecchio e mi sussurra che, se voglio, sono libero di andare al bar.
Butto gli occhi al cielo, sorrido e alzo il volume della tivù.
Ogni giorno che passa, mi rendo conto che nessuno è libero veramente.
Siamo tutti legati a persone che in un modo o nell'altro influenzano le nostre scelte. Consapevoli o meno, è così.
Ed è normale che sia così.
Il vecchietto è sicuramente influenzato dalla moglie. Quando alla sera esce di casa, in quell'ora e mezza pensa di respirare quella che gli sembra libertà. Sa però che un leggero senso di colpa lo tormenterà per tutta la serata. Ha di nuovo lasciato sua moglie in casa, seduta su una poltrona davanti alla tivù, da sola. Cercherà di distrarsi con due bicchieri di vino e con qualche chiacchiera da bar, ma probabilmente, nella testa avrà come un fastidioso ronzio, una voce che gli dice che ha fatto (di nuovo) la cosa sbagliata.
Quindi, invece di rimanere fino a chiusura, come vorrebbe tanto fare, si riporta a casa ad un orario decente.
La moglie è ancora sveglia, frustrata e inviperita, le saltano i nervi, lo aggredisce verbalmente e lui risponde a tono.
Ed ecco che il rituale della litigata ha inizio.
Sei uno stronzo ingrato!
Ma se sono tornato prima per stare con te!
Potevi anche non uscire. Pensi solo a te stesso.
Se pensassi a me stesso adesso sarei con gli amici e non qui.
E io che mi spacco la schiena tutto il giorno per tenere questa casa pulita. Senza di me vivresti immerso nella merda.
Forse, ma almeno non avrei una rompicoglioni tra le palle! E poi che cazzo centra questo adesso?
Che sai solo andare al bar. Non passi mai del tempo con me. Mi sfrutti e basta.
Sarà perché quando sono con te ti lamenti di qualsiasi cosa e non si parla mai di nulla di sensato.
Perché parlare di pallone tutto il giorno ha senso vero?
Di più che spettegolare...
Si va avanti così per un po'. Poi i toni si abbassano e ritornano a parlare normalmente.
Pochi minuti dopo sento degli inconfondibili colpi ritmici.
Quasi come se qualcuno piantasse, molto lentamente, un chiodo nel muro.
Guardo mia moglie seduta accanto a me sul divano.
Le faccio un cenno di intesa.
Lei coglie le mie avance, avvicina le labbra al mio orecchio e mi sussurra che, se voglio, sono libero di andare al bar.
Butto gli occhi al cielo, sorrido e alzo il volume della tivù.
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