lunedì 17 dicembre 2018

Forte e In Mezzo di Matteo Pedrini


Non mi piace l'edizione, non mi piace la copertina, non mi piace il layout, non mi piace la foto in quarta di copertina; trovo la storia non scritta benissimo, con molti luoghi comuni e con un lessico gergale che rende il racconto una stucchevole imitazione dei molti romanzi in cui la provincia la fa da padrona, da Stefano Benni in giù. 

"Forte e in mezzo" di Matteo Pedrini, vorrebbe essere un romanzo di formazione, ma diventa principalmente un racconto composto da storie di paese dove la vita piatta e ripetitiva della provincia, viene scossa da un evento o da una storia succosa. 


I personaggi secondari sono senza spessore, stereotipi già visti, macchiette che non raccontano nulla di nuovo.

La crescita del protagonista è fortemente legata alla figura della nonna. Una donna forte, la classica toscana tutta d'un pezzo (altro stereotipo) che, vista la totale inettitudine dei genitori, prende il nipote per mano e con grande forza e determinazione prova a cambiare il corso di un destino che sembrava aver imboccato la stessa strada dissestata dei genitori.

La nonna, contro il parere dei genitori e dell'insegnate di educazione fisica, decide di iscrivere il nipote alla scuola calcio del paese; è quello il momento decisivo per Gianluca, il momento in cui inizia a crescere e che lo porterà a diventare, da ragazzetto timido e introverso, a uomo maturo e affidabile.

Fino a metà racconto devo purtroppo dire che è tutto molto banale e provinciale. Ho avuto continuamente la sensazione di leggere qualcosa di non definitivo, qualcosa a cui bisognava ancora lavorare per provare a dare più sostanza, più peso a tutto quanto.

Al capitolo 10 però, succede qualcosa. Non alla storia, ma alla scrittura, allo stile; qualcosa sembra cambiare e il racconto si fa più vero, meno artefatto, più onesto. 
La scrittura sembra più sciolta, senza quel bisogno di sorprendere il lettore che era più che evidente nella prima parte. 
La lettura diventa piacevole e, magicamente, anche la storia sembra prendere vita, gira meglio e ci  trascina finalmente nell'io del protagonista, trasformando quello che sembrava solo un personaggio bidimensionale trito e ritrito, in una persona tridimensionale, con sentimenti veri e reali.

Peccato per quell'inizio traballante. 

In fin dei conti, questa è una storia sul calcio, ma è anche la storia di una promessa mantenuta, di persone comuni che si prendono un piccolo riscatto nei confronti della vita e di tutti quei fallimenti che l'hanno caratterizzata.
È la storia di un piccolo paese, in una piccola città, popolata da persone che hanno sogni piccoli e il più delle volte nemmeno realizzati.
È la storia di una rivoluzione che scoppia nella vita del protagonista creando un nuovo punto di partenza, da dove poter ricominciare, dove poter finalmente vivere come si è sempre sognato e come non si è mai osato, e questa ripartenza è concessa a tutti; qualcuno riuscirà a seguire il suo sogno, qualcun altro non ne avrà il coraggio, ma ad ognuno di loro rimarrà la consapevolezza di aver realizzato qualcosa di straordinario che rimarrà impresso nella memoria del paese e nella propria leggenda personale.

martedì 11 dicembre 2018

Appesi

Siamo appesi ad un filo, un filo incredibilmente sottile. 
Basta poco, basta un niente per spezzarlo.

All'improvviso le persone se ne vanno: 
senza salutare, senza un ultimo abbraccio. 

Loro non lo sanno, noi non lo sappiamo, nessuno lo sa, eppure se ne vanno.

Se ne vanno lasciando incompiuto ciò che pensavano di finire più avanti. 
"Lo faccio dopo".
"Finisco domani". 
"Ma sì, tanto c'è tempo! Che fretta c'è?".

E all'improvviso, senza nessun segnale, tutto finisce. 

Può succedere in qualsiasi momento: 
Può succedere in macchina, 
Può succedere al lavoro, 
Può succedere mentre dormi. 
Succede, e tu non puoi farci niente.

Un ragazzo giovane se n'è andato. 
Nel sonno. 
Così.

È tutto oggi che ci penso e nemmeno lo conoscevo. 
Ci penso perché è terribilmente ingiusto, è inconcepibile, è crudele. 

Ogni morte lo è, ma un giovane che va a letto nel pomeriggio per ricaricarsi e non si risveglia è qualcosa di terrificante. È fastidioso. Urticante. 

Ieri è successo ad un ragazzo di vent'anni. 
Circa un anno fa è successo ad un calciatore, 
uno sportivo super controllato; 

"Sono cose che capitano", dice la gente; 
Ed è per questo che fa così paura. 

È per questo che non riesco a pensare ad altro: 
Per quella madre o quel padre che all'ora di cena non hanno visto scendere il proprio figlio,
nonostante i ripetuti richiami.
Per loro, che sono andati in camera, magari anche un po' scocciati.
Hanno acceso la luce e il loro bambino era lì, addormentato; 
Lo hanno scosso leggermente, 
Poi un po' più forte, 
Poi insistentemente 
Poi con il cuore in gola lo hanno girato di forza
e lui si è girato, ma gli occhi non si sono aperti. 
Le mani sul viso a scuoterlo,
Gli schiaffi nel tentativo di rianimarlo,
L'orecchio sul petto,
Nessun rumore.
Niente cuore. 
Il nome urlato insistentemente.
Le mani sulle spalle: 
Scuotere, chiamare, urlare, 
Scuotere, urlare, chiamare, 
Schiaffeggiare, chiamare, urlare, 
Piangere, chiamare, scuotere,
Piangere, urlare, piangere,
Piangere, piangere,
piangere.
La consapevolezza. 
Le lacrime,
La disperazione,
L'abbraccio:
L'ultimo.

Non ci voglio nemmeno pensare. 
Non voglio, ma non riesco a fare altro.

La vita è un dono 
e noi spesso la sprechiamo. 
La vita è un dono 
e noi non ce lo ricordiamo mai.

Ci pensiamo sempre quando è troppo tardi, 
quando saperlo non serve più. 


giovedì 22 novembre 2018

Dolore



Inesorabile ti sorprende. A poco a poco ti prende. Versa il tuo sangue, prosciuga l'anima. 
Non importa. 
Sei vecchio abbastanza da poter sanguinare continuando a camminare.
Un giorno sanguineranno anche loro e quel giorno sarai tu a mostrare i denti.
Sarai capace di farlo?

Hai visto il diavolo spolverando uno specchio. Ne sei sicuro. Quello che parlava con la tua voce, non era il tuo riflesso. Vorresti rivederlo ma lui non torna più. Ora nello specchio ci sei solo tu.
Era cattivo e infinitamente dolce, voleva abbracciarti e stringerti molto forte.
In quel momento ti sei sentito importante, 
da allora lo cerchi in ogni istante.

Una Luna a falce ghigna spietata in un cielo nero.
Nella tua mente si insinua un pensiero fatto di mille voci assordanti. 
Poi silenzio assoluto. Qualcosa nella tua testa non funziona.
Un furibondo silenzio esplode intorno a te. E non puoi farci granché. 
Puoi solamente ascoltare il vuoto che: ti schiaccia, ti stritola, ti spreme.

In quella notte, come in un brutto sogno, hai capito di cosa hai bisogno.
Hai trovato la tua misura nella solitudine, nella paura. 
È una compagna, un'amica, un'abitudine.
Osservi in rispettoso silenzio un cielo stellato e immobile. 
Nell'ombra qualcuno ti fissa serio.
Ha la bocca storta e le labbra lentamente disegnano il tuo nome.
Non ridere, non piangere, non parlare, non pregare. 
Corri!! Scappa!! Corri e basta. Non ti voltare.

Uscirai a tentoni dal buio e finalmente abbandonerai le oscure profondità del tuo io.
Rivedrai la luce senza dimenticare il male. 
Porterai sempre con te il dolore. Sarà ingombrante, pesante, reale. 
Farà molto, molto male, ma alla fine diventerà parte di te.
Non potrai più farne a meno. Ti identificherai col tuo dolore, finché non sarai tu stesso quel dolore.
E solo allora saprai cosa fare.



giovedì 15 novembre 2018

La Mia Luna

"La luna è l’unico amico con cui il solitario può parlare."
-- Carl Sandburg --


"Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto."
-- William Shakespeare --


"Non so se ci sono uomini sulla Luna, ma se ce ne sono, di sicuro usano la Terra come manicomio."
-- George Bernard Shaw --


"Una solitudine pura e una pace profonda. Le cose migliori che la luna possa offrire agli uomini."
-- Haruki Murakami --


mercoledì 7 novembre 2018

7 Novembre 1998


7 Novembre 1998
In una fredda serata autunnale, due ragazzini che ancora non sapevano nulla della vita, 
uniscono con un bacio le loro anime. 
Iris dei Goo Goo Dolls è la colonna sonora di quel momento.
È l'inizio di una storia d'amore.

Autunno 2003
<<Tu per me sei morto, non ti voglio rivedere mai più. È finita!>>
È la fine di una storia, che d'amore più non era.

7 Novembre 2018
Oggi sarebbero vent'anni insieme. Non so più nulla di te. Siamo due completi estranei.
Di noi ricordo che stavamo benissimo insieme e poi di colpo stavamo malissimo.
Alcune volte sembrava di essere in paradiso e poi, non si sa come, sprofondavamo all'inferno.
Non ti ho mai più cercato, nemmeno tu l'hai mai fatto. 
Io però qualche volta ti penso ancora.
Chissà se anche tu lo fai.




Vorrei sapere come te la passi, che progetti hai, come stai. Mi piacerebbe chiacchierare come facevamo un tempo, quando ci scambiavamo idee, pareri, opinioni, consigli e ridevamo, ridevamo fino ad avere i crampi allo stomaco. Mi piacerebbe molto, sì.

Anche se non parliamo più, anche se siamo lontani anni luce dalle persone che eravamo, anche se le nostre strade si sono divise talmente tanto da non rischiare di sfiorarsi mai nemmeno una volta in tutti questi anni, tu sei stata importante per me, per l'uomo che sono diventato; e anche se capita una sola volta all'anno, e solo in questo giorno in particolare, un pensiero a quei due ragazzini, che in una fredda serata di Novembre si scambiarono il loro primo bacio appoggiati allo schienale di una panchina, io lo farò sempre. 

Li rifarò vivere quei due, con i loro cuori che sembravano scoppiare mentre le loro lingue vorticavano inesperte e le mani non sapevano dove andare. 
Perché è giusto così; è giusto che qualcuno non dimentichi quello che di bello c'è stato
Ricorderò tutto io.
Lo farò per quei due, lo farò per me, e lo farò anche per te che forse non ricordi nulla, che forse hai cancellato tutto di noi, proprio come da un giorno all'altro, hai cancellato me.
The End    

mercoledì 31 ottobre 2018

Horror Story #5 - Speciale Halloween - Il Lato Oscuro Della Luna



Eccola, finalmente è arrivata. La Luna. Brilla la Luna, brilla nella notte. É bella e illumina anche noi, qui sulla Terra. Riesce a illuminarci pur non possedendo una luce propria.

La Luna è sempre uguale a se stessa. Sembra non poter cambiare mai, eppure cambia, ma a noi non è consentito vederlo. Siamo destinati a conoscere solo l'unica versione che la Luna vuole mostrare di sé.

Io sono un po' come il lato oscuro della Luna, che c'è, ma non si vede mai.

La parte visibile di me, quella che mostro quando sono in compagnia di altre persone, non ha nulla a che fare con quello che sono veramente. È tutto falso. È tutta una commedia. Di me, voi vedete solo quello che io vi voglio mostrare, e le cose che sapete di me sono solo quelle che io voglio che voi sappiate.
Nulla di più.


Mi chiamo John Joke e sono un Serial Killer. O almeno lo sono stato. Ora non ho nemmeno la forza per uccidere una mosca. Sono vecchio, stanco e depresso. Questa situazione mi sfianca. Vorrei tornare a fare a pezzi le persone, esattamente come facevo qualche anno fa ma purtroppo non si può sfuggire al ciclo della Vita. 



È la Vita la più feroce assassina che io conosca. 
La Vita ti fa soffrire, ti umilia, ti cresce, sembra poterti rendere felice e per un piccolo periodo va tutto alla grande, ma poi ti scaraventa una palla da demolizione in faccia e distrugge ogni tuo sogno, ogni tuo desiderio, ogni tua speranza. 

La Vita alla fine ti uccide sempre. È sempre lei a vincere. Non tu.

Fin da quando avevo vent'anni, io e la Vita siamo stati colleghi. Anch'io adoravo far soffrire le persone, le spingevo verso depressioni così acute che il pensiero del suicidio, sembrava l'unica scelta sensata. La loro mente soffriva talmente tanto, che uccidersi diventava l'unica soluzione di libertà che riuscivano a concepire e, ogni volta che avevano questi cattivi pensieri, io ero lì, al loro fianco, pronto a sostenere e incoraggiare qualunque loro desiderio di morte.

Le uccidevo. Le liberavo dal dolore. Diventavo il loro eroe, perché mi prendevo la responsabilità di porre fine a quelle vite insignificanti.
A volte capitava che qualcuno cambiasse idea, che volesse continuare a vivere, continuare a soffrire; quando succedeva dovevo lottare, sudare e faticare molto per portare a termine il mio compito, che è sempre stato quello di liberare l'anima dalle sofferenze terrene.
Certo: mi piaceva molto farlo, non lo nego!
E Insomma, anche se non volevano, alla fine io le ammazzavo lo stesso. Era la mia missione e una volta iniziato il viaggio, non si poteva più tornare indietro.

Venni soprannominato il "Killer della Luna Piena" perché le mie vittime sono state spesso ritrovate dopo le notti di Luna piena.
Inizialmente fu solo un caso, poi iniziai a farlo a posta. 
Sapere che mi avevano dato un soprannome appagava il mio bisogno di gratificazione e per non deludere le aspettative, iniziai a far ritrovare i cadaveri sempre dopo le notti di plenilunio.


Si racconta addirittura di persone che, nelle notti di Luna piena, tendessero a rimanere chiuse in casa. Pensavano così di salvarsi dallo spietato Serial Killer. Di salvarsi da me. Pensavano di sfuggimi, di sfuggire alla mia arte. Povere illuse. Non riuscivano a capire che il mio era tutto un grande show.

Rapivo e torturavo le mie bambole molto prima del ritrovamento del loro cadavere, ed ero io che decidevo quando mostrare al mondo il mio lavoro; ero io che davo loro il privilegio di trovare e ammirare le mie opere d'arte. Ogni piccolo particolare era orchestrato da me. Le persone facevano parte del mio spettacolo, e nemmeno se ne accorgevano.
La gente in quegli anni sapevano apprezzare l'arte e capivano quando c'era qualche cosa di più del mero e banale esibizionismo. Avevano capito che con le mie bambole volevo rappresentare l'orrore della vita contro la bellezza della morte. Loro bramavano la mia arte e io davo loro quello che volevano.

Per questo adesso amo guardare la Luna; perché mi ricorda quando con un coltello e pochi altri attrezzi, macellavo giovani uomini e donne che non avrebbero mai ricevuto tutta la gloria che io gli ho regalato. Ho dato un senso alla loro esistenza. Con la morte, li ho resi immortali.

Le vittime non lo sapevano mai inizialmente, ma quando incrociavano il mio cammino, era perché io avevo deciso che loro sarebbero entrate nella leggenda. Ero io che le sceglievo, ero io che le deprimevo, ero io che toglievo loro ogni voglia di vivere, ero io che distruggevo ogni loro singola speranza. Niente era lasciato al caso. 
Se mi aveste incontrato in quegli anni meravigliosi e frenetici, il vostro destino sarebbe stato segnato e avreste rivolto per l'ultima volta lo sguardo alla Luna senza riuscire ad ammirane la sublime bellezza.

Io sono il Killer della Luna Piena, e finalmente è arrivato anche il mio momento. Ora tocca a me indirizzare lo sguardo verso la Luna, perdere ogni speranza e fottere la Vita ancora un'ultima volta.


giovedì 20 settembre 2018

LA LA LAND o L'ossessione




Ho guardato La La Land venti giorni fa e sono venti giorni che non penso ad altro. 

Sono venti giorni che la mia mente reinterpreta le scene, le canzoni e le musiche

Sono venti giorni che fischietto e tamburello ogni singolo pezzo del film.

Un po' sto impazzendo ma è un dolce impazzire. 

È una di quelle ossessioni buone, di quelle che ogni tanto ci vogliono e che ci fanno sentire vivi. 

Però...




In ogni maledetto momento della mia giornata in cui i pensieri consci si fermano, fosse anche solo per un brevissimo istante, nella mia testa parte un motivetto ritmato che non vuole smettere di farmi battere le mani a tempo su qualunque superficie riescano a poggiarsi. La canzone è SOMEONE IN THE CROWD, ma il pezzo che continuo a tamburellare parte dal minuto 1:38. 
Salvatemi!!





Poi mi balzano alla mente le meravigliose scene in cui la fotografia dà il meglio di sé. 
Una su tutte, quella dove Sebastian e Mia cominciano a conoscersi un po' meglio e, giocando (ballando) e flirtando (cantando), si prendono bonariamente in giro come solo due persone che si piacciono riescono a fare. Regia, fotografia, musiche, coreografia, tutto semplicemente perfetto in A LOVELY NIGHT.






Le canzoni di questo Capolavoro sono una (piacevole) maledizione, talmente orecchiabili da rimanere ancorate al cervello per giorni interi, non solo per la melodia ma anche per il messaggio profondo e significativo che trasmettono. Esattamente come quello che Mia lancia nella sua splendida AUDITION"The Fools Who Dream".





Mentre faccio cose ripetitive e noiose mi scopro a fischiettare senza alcuna ragione apparente un motivetto malinconico e depresso in cui si decanta l'amore come unico grande sogno che valga la pena di essere raggiunto e vissuto. Tutti cercano l'amore e una volta trovato null'altro importa veramente. Nemmeno le tue aspirazioni personali. Ma è proprio così? Mia e Sebastian si chiedono: Per una volta sta davvero andando tutto per verso giusto? Veramente tutte queste luci sono rivolte verso di me? Chi lo sa? CITY OF STARS.



La La Land mi ha toccato l'anima. Era da così tanto tempo che un film non lo faceva più. Era molto, troppo tempo che non mi emozionavo così tanto e che non venivo ossessionato da una pellicola appena vista. Imputavo questa aridità di emozioni all'avanzare dell'età, al fatto che crescendo e maturando, sempre meno esperienze riuscissero a sorprendermi così tanto da farmene follemente innamorare. La La Land ce l'ha fatta, ha risvegliato la mia passione, ha distrutto l'apatia che mi circondava. 
Qualcosa riesce ancora ad emozionarmi dopotutto, a farmi cantare, ballare e gioire per un capolavoro che tutti dovrebbero amare.

Ci vorrebbero più film così. Film che raccontano la vita e le emozioni positive e negative che il vivere si porta appresso. 

Questi sono i veri "supereroi" del cinema; registi come Damien Chazelle, che a 32 anni sforna un Capolavoro incredibile destinato a rimanere nella storia; 
Ryan Gosling ed Emma Stone, meravigliosi, coinvolgenti e, cosa non scontata per un attore soprattutto in un musical, veri, reali, credibili nonostante l'incredibile.

Da guardare e riguardare per sempre.


lunedì 27 agosto 2018

Mente Sgombra #9 - La Vita, La Felicità e Tutto il Resto

Quando veniamo al mondo, siamo catapultati in un'esistenza senza regole che apparentemente non ha né scopo, né direzione. Tentiamo allora di vivere la vita facendo del nostro meglio perché sia felice e soddisfacente, senza però capire fino in fondo dove ci sta portando. Impegniamo i nostri momenti su questo pianeta buttandoci in progetti che sembrerebbero dare un senso all'esistenza e alla realtà che ci circonda ed è proprio per questo che si organizzano viaggi, partite di calcetto, cene al ristorante o serate a teatro; è per dare un senso alla vita che cerchiamo di crescere come individui imparando a fare cose sempre nuove, studiando una lingua, conoscendo culture diverse, traendo sempre insegnamenti utili a elevare il nostro intelletto e il nostro status individuale.
Facciamo tutto questo per riempire il tempo che abbiamo a disposizione. 
Ed ecco l'elemento magico: il tempo.

Quando arriviamo a capire che il nostro tempo su questa pietra rotolante nel vuoto è limitato, allora, forse, potremmo vivere sul serio un esistenza piena. 
Diventando consapevoli della morte come limite estremo per fare qualsiasi cosa vorremmo fare, raggiungeremo una consapevolezza più profonda del significato dell'esistenza, della sua limitatezza e della sua fragilità, e probabilmente cercheremo di vivere ogni momento fino in fondo, sfruttando ogni attimo che ci viene concesso.

Un momento di lucidità come quello sopra descritto, succede a tutti quelli che hanno rischiato di perdere la vita, o che hanno perso una persona cara: in quei momenti terribili, ci si interroga sulla propria esistenza, sul suo significato, su ciò che si sta facendo, su dove si sta andando e dove in realtà si vorrebbe andare; molto spesso la risposta a queste domande è deludente. 
Dopo un attenta riflessione, sembra di aver imboccato la strada sbagliata, di aver perso la direzione, l'obbiettivo. 
Sembra quasi che un forte schiaffo ci abbia risvegliato da un sonno durato troppo tempo e, ad un tratto, è tutto più chiaro. 
Ci si accorge che tutte le vicende che ci hanno portato lì, nell'istante del risveglio, potrebbero non essere ciò che fa per noi, quella non è la nostra strada. Non è la vita che vogliamo fare.

Allora si fa un reset.

Per qualche tempo, si sceglie di vivere la vita a pieno, fino in fondo, perché la paura o il rischio di perdere l'unica cosa che veramente possediamo, ci porta a non sprecare il tempo che ci è concesso.
Si inizia allora a pensare a ciò che veramente ci sta a cuore: noi stessi e i nostri cari.
Le cose a cui prima si dava priorità, vengono abbandonate e accantonate per dare spazio a quei valori che si erano colpevolmente trascurati. Si tenta di realizzare i propri progetti, di vivere i propri sogni.
Si vive per quelle cose che prima si davano per scontato.

Ma poi, piano piano, questo momento di lucidità, di consapevolezza dei propri desideri viene dimenticato. La realtà frenetica torna a fagocitare le nostre speranze per una vita soddisfacente e che ci dia la possibilità di essere ciò che veramente vorremmo essere e, a poco a poco, si ritorna a vivere una vita basata sul nulla, a fare ciò che la società e gli altri ci dicono di fare, a seguire la massa e a perdere nuovamente noi stessi.
Alla fine si torna ad essere quello che si era sempre stato, quello che fa comodo agli altri annullando sé stessi. La mente si offusca di nuovo e si perde la consapevolezza di poter essere e poter fare ciò che si vuole. 

Se non fai ciò che veramente desideri, se vivi la tua vita per compiacere gli altri e non te stesso, se gli obbiettivi che ti sei posto non sono i tuoi ma sono i traguardi di altre persone, allora è probabile che tu stia buttando la tua vita per arricchire di significato quella di qualcun altro.
Vivere per te stesso significa far star bene tanto te quanto la tua famiglia e i tuoi amici; se stanno bene quelli che ti circondano, starai bene anche tu.
Per essere felice, hai bisogno che quelli che ti circondano lo siano a loro volta e non importa quanti obbiettivi avrai raggiunto nella tua carriera o quante soddisfazioni ti sarai levato nella tua vita, se qualcuno accanto a te soffre, soffrirai anche tu.

Non riuscendo a raggiungere il traguardo che in un determinato momento della mia vita ho fissato come mio obbiettivo principale e massima ambizione, la mia vita sarebbe da considerare un fallimento? 

Solo per me o anche per gli altri che questo traguardo nemmeno sanno che esiste?

E se mai dovessi raggiungerlo, potrei ritenermi soddisfatto e appagato o mi imporrei un nuovo obbiettivo da raggiungere? 

E se non raggiungessi questo nuovo obbiettivo, questa volta sarei un fallito, nonostante il primo successo?

Quindi, per vivere felice, non ci si dovrebbe mai porre obbiettivi, abbandonare qualsiasi velleità e ambizione perché, con la possibilità di fallire ad ogni azione, il rischio di infelicità sarebbe dietro l'angolo.
È così? È questa la vita?
Accettare passivamente la sorte, che sia quella buona o quella avversa, senza mai un moto di ribellione, senza mai una scossa?

No. Questa sembra piuttosto una prigione, non una vita degna di essere vissuta.

Buttati in quello che ami e fallo al meglio delle tue possibilità.
Non arrenderti alle prime difficoltà, perché una volta che le avrai superate sarai più forte e consapevole di ciò che vali.
Vivi le emozioni. Non frenarle.

Ma soprattutto: 
fa' ciò che vuoi, senza fare ciò che potrebbero compromettere la tua possibilità di fare ciò che vuoi.

Ecco l'unica vera regola da seguire, per inseguire la felicità che, qualche volta, si acchiappa anche.


mercoledì 8 agosto 2018

Discorsi Da Spiaggia (2018 #2) - La Nonna

Il bambino è biondo e ha grandi occhi blu. È vivace e non sta zitto un momento ed è il vicino d'ombrellone ideale, soprattutto per uno che in spiaggia vorrebbe solo leggere in santa pace. Proprio NO.
Questo piccolo demonio non sta fermo un attimo: urla, sghignazza, dice parolacce e manda a fanculo la nonna, che ogni giorno lo porta in spiaggia "per farlo sfogare".

   
   - I bambini di oggi son tutti così - dice la nonna che ha attaccato bottone con la vicina dalla parte opposta alla mia.
   - Eh sì, non si riesce proprio a stagli dietro - risponde lei posando la rivista.
   - Saranno tutte quelle cianfrusaglie che hanno che li rincoglioniscono. -
   - Io non so nemmeno cosa ci facciano con quei telefonini tutto il giorno. Una volta si usavano solo per telefonare, ma oggi fanno tutto tranne quello!
   - Deve vedere Enrico come usa quello dei suoi genitori: un vero fulmine. Sembra che sia nato sapendo già fare. Io non lo so quasi accendere e lui gioca all'internet per ore. -
   - Io, lo uso solo per telefonare...toh, qualche volta per mandare un messaggino o due.-
   - Ah, beh, anch'io, eh... mica ci perdo del tempo dietro a quegli affari lì. -
   - Sì, sì, son d'accordo. -
   
   - Enrico non tirare la sabbia alle persone! Enricooo! Enrico!! Vieni subito qui!
   - No!
   - Vieni qui ho detto!
   - Non mi rompere nonna!!

   - Le dà da fare eh? - Chiede la vicina rischiando un mio GrazieGraziellaGrazieAlCazzo!, ma mi trattengo.
   - Guardi non me ne parli, i suoi sono sempre al lavoro e io me lo tengo tutto il giorno da sola, allora, visto che non abitiamo molto lontano da qui, lo porto per fare qualcosa di diverso, ma lui è un vero terremoto. Non lo si riesce a tener fermo un attimo... Enrico!! Enricoooo... chiedi subito scusa al signore! - Enrico stava iniziando a scavare una buca come farebbe un cane per sotterrare il suo osso preferito e lanciava sabbia su un vecchietto mezzo addormentato sulla sdraio.
    - Fanculo Nonna! - La risposta pronta, ormai uno standard.
   - Mah!! - la nonna si finge scandalizzata anche se è più che abituata a quel tipo di risposta. - Dopo le prendi! - grida mentre la piccola peste ride di gusto.

Ovviamente non le ha prese. È corso a fare il bagno nonostante il divieto della nonna e, una volta tornato, ha preteso che lei gli cambiasse il costume bagnato. La nonna allora ha tirato fuori un telo da mare asciutto, lo ha avvolto con cura intorno al nipote adorato e poi gli ha fatto sfilare gli slip. Dopo la complicata operazione, lui ha agganciato le mani nella parte superiore del costume intero della nonna, e con uno strattone ha fatto sgusciare fuori i grossi seni, che sono rimasti in bella vista per alcuni secondi:
   - Dai nonna, fammi succhiare le tette!!
   - Mah... cosa dici ENRICO!! Sei matto?! Smettila!!
   - DAI NONNA, forza!! - Lui non molla la presa del costume mentre la nonna lotta disperatamente per ricomporsi.
   - Mah... Enrico!! Allora!! Sta' fermo... e poi, queste sono ormai così grinzose e cadenti, che solo tuo nonno le vuole succhiare ancora!

Non è vero, gliele avrei potute succhiare tranquillamente anch'io!

venerdì 6 luglio 2018

Mente Sgombra #8 - La Check-List

Oggi ho fatto un sacco di roba. Mi sono svegliato e mi sono stati impartiti determinati ordini sottoforma di "gentile richiesta" (dai l'aspirapolvere?) che ho eseguito, ho messo a posto la casa, mi sono dato un obbiettivo (correre almeno 40 minuti) che ho completato, ho creato una dissetante bevanda al gusto di zenzero e limone che ho poi raccolto in 3 bottiglie da 1,5 litri, ho fatto alcune commissioni, sempre su gentile richiesta (va' in farmacia e prendi queste tre cose!). Poi ho centrifugato 2 ananas e ne ho raccolto il succo in una bottiglia, mi sono masturbato, ho mangiato e ora, finalmente sto scrivendo.
E calcola che sono solo le quattro del pomeriggio. Praticamente ho fatto di tutto, tranne quello che avrei voluto fare realmente: leggere e scrivere. 
Tra poco meno di mezz'ora dovrò fare il padre e questo comporta andare a prendere mia figlia all'asilo, portarla a spasso per il paese e poi giocare un po' con lei, attività che mi riempie di gioia, certo, ma che mi assorbe completamente e che quindi non lascia spazio ad altro che a se stessa.
Quindi il tempo per fare ciò che voglio fare, è finito, e ora non mi resta che leggere qualche pagina del libro di Scerbanenco e aspettare che giunga l'ora di immergermi nel meraviglioso mondo dei gelati e delle bambole.
Potrei dirmi soddisfatto di questa giornata, ma non lo sono completamente. È mancata la parte creativa. È stato tutto troppo meccanico, tutto troppo scalettato.
Nella check-list era programmato persino l'atto auto erotico. 
Con il probabile tempo di esecuzione.
Nulla di meno sexy. 
E anche un po' triste. 
Diciamolo.


Aspirapolvere: fatto!
Andare in farmacia: fatto!
Sega: fatta!!
Fare succo: fatto!
Eccetera, eccetera...


E vabbè, che vuoi mai? 
La vita è fatta così e chi non lo sa o non lo capisce adesso, lo saprà e lo capirà più avanti.


venerdì 29 giugno 2018

Quando Il Mare È Deserto




È bellissimo essere immerso nel silenzio e riuscire a sentire i propri pensieri.
È bellissimo quando puoi riposare, leggere un libro e, (perché no?) anche sonnecchiare.
La pace, il silenzio, l'armonia ritrovata con il mondo e con te stesso.


Sono le 7 del mattino e in spiaggia insieme a me ci sono solo gabbiani.
Il dolce scrosciare delle onde mi culla e mi assopisce.
Ho bisogno di questi momenti.
Ne ho bisogno come non mai.
Mi rigenerano.


Poi, qualcuno inizia ad arrivare.
La pace assoluta è compromessa, ma la mente si può ancora liberare.


Lentamente la spiaggia si riempie.
Il vociare della gente.
Un chiacchiericcio inconcludente.
Le suonerie dei cellulari.
Musiche non richieste, che arrivano da radioline a tutto volume.
È finita.


La pace ha cessato di esistere.
Ora è solo Caos. E io ne faccio parte.
Esattamente come ne fate parte voi.


La vita in fondo è un po' così: 
cercare di scappare dal costante casino che ci travolge, per riuscire a ritagliarsi un piccolo attimo di calma, che appena acchiappato, subito fugge via.