martedì 18 febbraio 2020

PETER GOLD e IL COLPO DI GRAZIA

Venerdì, 20 Novembre 2015. Sono le quattro di mattino a New Orleans e Peter Gold, sta guidando la sua auto verso casa dopo una serata con gli amici. Per strada non c'è nessuno, o meglio, quasi nessuno. Su un marciapiede del centro storico, Peter scorge un uomo intento a spintonare e trascinare una ragazza verso la propria automobile con il chiaro proposito di farla salire. Lei fa resistenza, si dimena, cerca di scappare ma è troppo debole rispetto al suo aggressore. Peter allora fa quello che pochissime persone avrebbero il coraggio di fare: ferma la sua auto e raggiugne l'uomo per convincerlo a lasciare la ragazza. C'è un problema però: l'uomo estrae una pistola e in tutta risposta la punta contro Peter che subito indietreggia alzando le mani, il classico gesto che, nel linguaggio non scritto, rivela che non hai cattive intenzioni, che non sei armato e che non vuoi problemi. Sapete cosa fa allora il malvivente?
Spara allo stomaco a Peter che subito crolla a terra e mentre è agonizzante, lo prega di non fargli altro male. Il malvivente allora si avvicina a Peter, gli punta la pistola alla testa e preme il grilletto. 

Peter Gold nel 2015 era un promettente studente di medicina che gli insegnati non esitavano a definire eccezionale; fino a pochi minuti prima la sua vita era perfetta ma ora, agonizzante a terra e con una pistola puntata alla testa, Peter vede la morte in faccia. Quando l'uomo ha premuto il grilletto Peter ha chiuso gli occhi, ma poi li ha subito riaperti perché la pistola non ha sparato. Qualcosa non ha funzionato. Il malvivente allora armeggia un po' con l'arma, fa scorrere il carrello, punta di nuovo la pistola alla testa di Peter, preme ancora il grilletto e, click, la pistola si inceppa un'altra volta. Peter stremato si accascia al suolo. All'aggressore non resta altro che la fuga: se una pistola si inceppa due volte, si incepperà anche una terza, meglio tagliare la corda. 
Tutto questo dura pochi secondi, ma a Peter deve essere sembrato un eternità. E la ragazza? O beh, lei è scappata appena è partito il colpo che si è conficcato nello stomaco di Peter. Ma non vi preoccupate, tornerà a prestare soccorso al nostro eroe che le ha salvato la vita.

Tutto questo è stato ripreso da una telecamera di sorveglianza e lo potete vedere QUI.

Il malvivente è stato identificato come Euric Cain, 21 anni e due giorni dopo, Lunedì 23 Novembre, un portavoce del dipartimento di polizia di New Orleans, ha riferito al Washington Post che il sospettato è stato arrestato a seguito di un'intensa caccia all'uomo in tutta la città.

Euric Cain è stato condannato a 50 anni di reclusione per tentato omicidio e vari altri reati minori. 




Peter Gold è sopravvissuto e si è laureato in medicina. 

Da allora cerca di vivere a pieno ogni singolo momento della sua vita.

sabato 15 febbraio 2020

La Nota Mancante di LA LA LAND

Un film non andrebbe mai raccontato, ma quello che voglio fare in questo post è dare una mia interpretazione sul finale di La La Land. Se per caso siete tra quei pazzi che non l'hanno ancora visto, correte immediatamente a rimediare a questa mancanza e poi tornate a leggere la mia interpretazione su quello che per molti è un capolavoro di sceneggiatura, colonna sonora e regia.

Sebastian e Mia sono due completi sconosciuti che per puro caso continuano a incontrarsi in diverse situazioni: la prima volta si insultano per strada, la seconda si scontrano in un locale, la terza parlano brevemente, finché un giorno Sebastian decide di invitare Mia ad uscire con lui. Ne nasce una storia d'amore e grande complicità, dove i due si spronano a vicenda nella realizzazione dei propri sogni. Sebastian vorrebbe aprire un locale di musica Jazz mentre Mia sogna di diventare attrice. Come spesso succede, la vita segue strade improbabili che mai si sarebbe pensato di percorrere e Sebastian si ritrova a suonare in una Band di Jazz moderno ottenendo un grande successo che lo porterà a lungo in tournée. Parallelamente Mia mette in piedi uno spettacolo teatrale nel quale è lei a gestire tutto: sceneggiatura, recitazione, pubblicità, scenografia, fa tutta da sola e purtroppo non ottiene un buon risultato; questo la porta a rinunciare al suo sogno. Il rapporto tra i due si incrina e dopo qualche momento di sconforto c'è una rottura. Dopo un periodo di tempo non ben specificato, Sebastian riceve una telefonata da una produttrice che aveva visto lo spettacolo di Mia e vorrebbe farle un provino. Felice per questa opportunità, Sebastian si precipita a casa di Mia e la obbliga a partecipare alle selezioni, che vanno molto bene. Il film si girerà a Parigi e questo per i due significa la fine definitiva della loro relazione.



Stacco temporale e ritroviamo i nostri protagonisti qualche anno più tardi. Damien Chazelle ci mostra come sono cambiate le loro vite: Mia è ormai un attrice affermata, sposata e con un figlio; Sebastian è riuscito ad aprire il locale jazz che tanto desiderava e, a quanto ci è dato capire, non ha nessuna relazione.
Una sera Mia e il marito, si imbattono nel locale di Sebastian. Decidono di entrare e lo trovano seduto al pianoforte. Sebastian vede  la coppia e, dopo un malinconico gioco di sguardi con Mia, inizia a suonare il ritornello che è stato il leitmotiv della loro relazione; e qui Chazelle ci mostra una visione: mentre le stupende note del piano di Sebastian riecheggiano nell'aria, ci viene mostrata la loro storia, ma senza quelle piccole imperfezioni che ne hanno determinato la fine; non com'è andata insomma, ma come sarebbe dovuta andare, eliminando le scelte sbagliate e gli errori. Verso la fine del brano, si vede Mia che ripercorre la stessa serata passata con il marito, ma con accanto Sebastian.

E qui arriviamo alla conclusione vera e propria.

Quando la visione di "quello che poteva essere ma non è stato" finisce, con le immagini si ritorna nella sala del locale dove un pubblico attonito ascolta le drammatiche note che Sebastian sta suonando; la telecamera ruota lentamente di 360 gradi fino a fermarsi su Mia e Sebastian seduti uno accanto all'altra che ascoltano un non meglio specificato musicista. Sebastian la guarda innamorato, lei ricambia lo sguardo e tutto si conclude con un delicato bacio. Fine del sogno.

La dura realtà ci riporta sulla mano di Sebastian che sta concludendo la melodia un tasto alla volta, sempre più lentamente fino a fermarsi. 
Ecco. Quando la musica si ferma, secondo me la composizione non è finita; si sente che manca la nota finale, si percepisce proprio che quella melodia è incompiuta, non puoi non notare che manca qualcosa e sei portato tu stesso a chiuderla mentalmente.

Secondo me, quella piccola unica nota finale che non viene battuta dalla mano di Sebastian, è la perfetta metafora della loro storia d'amore. Una storia bellissima come quella musica, ma incompleta come quel finale. Senza quella nota, al brano manca qualcosa e non può essere perfetto esattamente come non è stata perfetta la loro relazione a cui è mancato il lieto fine, che invece è rappresentato nel sogno. Il finale giusto della loro storia sarebbe dovuto essere un "e vissero tutti felici e contenti", e solo in quel caso Sebastian avrebbe potuto chiudere il brano, e suonare finalmente quella nota mancante che la vita troppo spesso non ci fa nemmeno sentire, figuratevi suonare.




venerdì 14 febbraio 2020

Parassiti

Credo che il mondo si possa dividere in due grandi categorie: da una parte quelli che cercano di creare qualcosa, dall'altra quelli che criticano le persone che cercano di creare qualcosa e, nella maggior parte dei casi, di banalizzare il loro lavoro e le loro fatiche. L'unica definizione corretta per questa seconda categoria di persone è parassiti, i quali, non riuscendo ad emergere con le proprie capacità, cannibalizzano le idee e le creazioni altrui, per avere un momento di gloria che è solo un riflesso del successo altrui e che non sarebbero mai riusciti ad ottenere con le proprie forze. I parassiti non aggiungono nessun valore alla creazione originale, o la demoliscono o ne decantano le lodi o la perculano. 

Ognuno di noi ha le proprie opinioni su ciò di cui fa esperienza, è ovvio, ma porsi al di sopra di tutto, credendo di poter giudicare senza la minima competenza, come avviene costantemente su Twitter, è un comportamento saccente e fastidioso che si può cercare di evitare. È davvero patetico leggere online l'analisi dell'ultima puntata del Grande Fratello, le opinioni sulle performance di un artista, o le critiche feroci subite da ogni politico quando fa una dichiarazione qualsiasi (a maggior ragione se le critiche vengono mosse da persone senza alcuna competenza nel merito della materia in oggetto).
Ancora più deprimenti, sono le costanti battutine su qualunque cosa sia "in tendenza" che hanno la sola ambizione di mostrare, a tutti quelli che hanno l'intelligenza di mettere like, quanto siamo svegli NOI e quanto sono stupidi gli ALTRI che non le capiscono. È una costante guerra tra fazioni di pensiero. Ognuno deve dire la propria su qualunque cosa abbia fatto qualcun altro, e la deve dire subito altrimenti rischia poi di non esistere.

La critica costante che "Il popolo del web", giorno dopo giorno continua a sbrodolare sulle proprie pagine Social, mostra l'evidente incapacità di pensiero originale; ogni frase è un copia&incolla di modi di dire in voga e ogni post un irritante fiume di meme, ognuno simile all'altro, che abbassano sempre di più il livello comunicativo di questa generazione. Si potrebbe dire che è un modo nuovo di comunicare, può darsi, ma in cuor mio serbo la speranza che si possa tornare presto a dar valore alla parola e ad esaltare l'immagine, sì, ma solo come accompagnamento, integrazione o abbellimento di un testo scritto o recitato. Sono andato un po' fuori tema, ma ci tenevo a fare queste considerazioni. 
Torniamo ai nostri amici parassiti.

Quanto è più facile criticare qualcuno o qualcosa, piuttosto che mettersi in gioco e provare a costruire, inventare o creare? 
Quanto è più veloce insultare qualcuno, invece di cercare di capirne le motivazioni, i discorsi e gli atteggiamenti?
Quanto è piacevole ricevere like da persone che apprezzano il nostro "pensiero critico" e che ci seguono come fossimo moderni guru?

Ecco perché esistono i commentatori, gli analisti e i critici: per la facilità, la velocità e il piacere che si prova quando si demolisce tutto e, per questo, essere idolatrati da chi la pensa allo stesso identico modo. Pensandoci bene, questo atteggiamento non si discosta molto dal comportamento di coloro che oggi vengono chiamati haterma di questo parleremo un'altra volta.

Ci sono momenti in cui fa piacere ricevere un'opinione o un commento su qualcosa che ci appassiona, però quella analisi deve essere sostenuta da una preparazione di fondo sull'argomento in questione; deve essere una critica professionale e competente che lascia poco spazio all'opinione personale e molto ai criteri oggettivi della critica. Non voglio ascoltare le scellerate idee sui vaccini da un regista di cinepanettoni; da lui voglio sapere al massimo come fa a guardarsi allo specchio ogni mattina. Ahia!! ci sono caduto anch'io! Battutina feroce, incredibilmente sagace e molto patetica, ma irresistibile e acchiappa like... a volte non si può proprio resistere. 
Vado a frustarmi.

Tirando le somme:
I critici che demoliscono e basta non servono a niente e sono solo imbarazzanti da leggere e da ascoltare, trasudano fallimento da tutti i pori e se stessero zitti farebbero una favore, sì a noi, ma soprattutto alla loro anima. Servirebbero più persone in grado di dare punti di vista alterativi e nuovo slancio alle idee fallimentari altrui, ce ne sono, ma sono poche quelle in grado di farlo, la maggioranza tende a distruggere tutto ciò che è diverso e non proviene dalla loro cerchia d'appartenenza.

Questo e il mio pensiero. 

Ora demolitelo pure.