venerdì 14 agosto 2020

Complicità

Essere mediocre non sarebbe male in fondo. Se sei mediocre, sei semplicemente nella media; é molto peggio essere sotto la media e quindi essere scadente, ma una cosa è chiara ormai, io non sarò mai sopra la media, non sarò mai eccellente, rimarrò sempre li, fluttuante in quel range che ondeggia tra il sotto la media e lo scadente.

Perché dico questo? Perché mi butto giù così? Perché sono in un momento di sconforto, dove tutto mi va storto e sembra che non ci sia nessuno che capisca cosa dico e perché faccio quel che faccio. Mi sembra di essere fuori dal mondo, di non aver costruito nessun rapporto sincero e di non poter contare su nessuno.

Mi sento molto solo nonostante sia continuamente circondato di persone che però, si muovono solo nel loro interesse, persone che mi sfruttano e nemmeno ringraziano. 

Non ho nessuno con cui parlare di cose che ci accomunino perché non ho niente in comune con nessuno che conosca. Anche con i miei amici storici, le cose sono molto peggiorate; loro sono cambiati in una maniera che è diversa da come sono cambiato io; forse loro sono evoluti mentre io son regredito, fatto sta che i loro nuovi interessi non sono i miei e i miei non sono più i loro.

Quando parlo non mi sento capito, quando sono entusiasta di qualcosa sono l'unico ad esserlo e nessuno condivide la mia gioia, o perché non la comprendono, oppure perché la considerano una cagata. Non riesco più a trovare con nessuno quella complicità che avevo trovato in gioventù con alcune persone.

Forse sono tutti troppo impegnati a costruire la loro vita e la loro leggenda personale per fermarsi ad apprezzare i piccoli interessi di qualcun altro. Ma in fondo è giusto così: ognuno vive la propria vita, nell'indifferenza completa dell'esistenza dell'altro e va avanti credendo di essere la colonna portante di questo universo; 

Chissà, forse un giorno incontrerò qualcuno con cui avrò così tante cose in comune da rimanere seduti in giardino a chiaccherare ore e ore fino a notte fonda, sorseggiando birra e sparando cazzate colossali per poi ridere di tutto ma soprattutto di niente. 

La complicità è una sensazione che non provo da molto tempo, e devo dire che manca parecchio. 

Il vero problema è che trovo pochi mediocri o scadenti come me con cui legare, sono tutti così fondamentali a questo mondo, che non hanno nemmeno due minuti da dedicare ad una persona, chiaramente sotto la media, quindi nettamente inferiore alla loro eccellenza. 

Non arriverò mai a competere con tali vite di successo
E forse nemmeno lo voglio.

Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”
                          "Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?"
Dal Film "Stand By Me - Ricordo di un'estate"

martedì 4 agosto 2020

BIAS: SCHERZI DELLA MENTE

Il cervello mette continuamente in scena la realtà che subisce; mi spiego meglio: la mente prima guarda la realtà, la decifra secondo regole impostate, la interpreta a modo suo, la processa e poi solo a quel punto si fa un'idea tutta sua di quello che è successo; e tutto questo in poche frazioni di secondo. È per questo che sbagliamo così tanto. 
Tempo fa ho letto un bel saggio di Daniel Kahneman che s'intitola "Pensieri Lenti e Veloci" dove vengono esplorati tutti quei bias cognitivi che, qualche volta, ci portano a sbagliare il primo giudizio su qualcosa. Nel testo Kahneman spiega come il nostro cervello abbia due tipi di pensieri: quello veloce, che si manifesta come la prima risposta istintiva che ci balza in mente; e quella lenta, che invece è quella più ponderata e riflessiva. Il nostro cervello tende a dare risposte istintive e, contrariamente a quanto pensiamo, ci azzecca più di quanto si sbagli, ma subisce alcuni bias cognitivi che ostacolano il normale processo di codifica della realtà e che crea illusioni a cui noi crediamo ciecamente. Insomma, sbaglia in buona fede, e noi con lui.

Negli Stati Uniti si è svolto un esperimento sociale molto interessante. I partecipanti all'esperimento dovevano sorvegliare gli spostamenti degli abitanti in un dato quartiere ritenuto altamente pericoloso. In caso di movimenti sospetti i partecipanti avrebbero dovuto segnalare le anomalie all'ente preposto. 
Fin qui tutto normale, se non fosse che nel palazzo di fronte alla loro postazione d'osservazione, scoppia un grosso litigio, moglie e marito che all'improvviso vengono alle mani. Il tutto è in realtà una montatura inscenata per attirare l'attenzione dell'osservatore che, naturalmente, segue tutta la vicenda. 
In un dato momento il marito esce dal palazzo e se ne va furibondo per ritornare pochi minuti dopo armato di pistola. Entra in casa e fredda la moglie. 
L'osservatore, inconsapevole vittima dell'esperimento, fa scattare l'allarme e denuncia subito il fatto alla "polizia". Secondo il suo punto di vista, il marito è tornato a casa dopo un grosso litigio con la moglie e le ha sparato; non ci sono dubbi! All'osservatore viene chiesta la disponibilità a testimoniare in tribunale ciò che ha visto e ad accusare il marito di omicidio. Tutti i partecipanti all'esperimento si rendono disponibili ad andare in aula: non hanno nessun dubbio sulla colpevolezza del marito; il fatto è avvenuto sotto i loro occhi e possono giurarlo davanti ad un giudice e a Dio. 
Fine dell'esperimento. 

Poco dopo gli osservatori vengono messi di fronte al video della scena e con loro grande stupore si rendono conto che l'uomo che ritorna con la pistola, non è il marito, ma una persona completamente diversa: vestiti, pettinatura e caratteristiche fisiche non coincidono con quelle dell'attore che interpretava il coniuge. Sarebbero stati disposti a giurare il contrario e avrebbero accusato un innocente. 

Cos'è successo nella mente dei testimoni? Semplice: hanno scambiato l'assassino per il marito, nonostante i tratti fisici diversi solo perché il loro cervello ha analizzato tutta la scena e, dopo averla processata, ha tratto la conclusione più ovvia, quella più immediata, quella sbagliata:

Il marito inferocito dopo una furibonda lite con la moglie, esce di casa, torna poco dopo armato e la uccide. 

Pensiero veloce, appunto. 

Il cervello degli esaminati ha sommato tutti gli indizi e ha girato un film thriller dove l'omicidio avviene in maniera del tutto logica e sequenziale. Peccato che la realtà dei fatti è molto diversa da quella descritta. Ragionando su questo bias, si aprono scenari inquietanti. Pensate a tutti gli imputati che continuano a dichiararsi innocenti e subiscono oltre al processo anche la conseguente gogna mediatica. Magari sono innocenti davvero. Chi lo sa?

Il cervello, è una macchina potente ma non perfetta e, anche se la maggior parte delle volte dà risposte corrette, può commettere errori fatali. Meglio pensarci sempre due volte prima sparare sentenze.