sabato 31 dicembre 2016

Un Buon Anno

Quando ho aperto questo blog, avevo una gran voglia di mettermi alla prova. Volevo capire fino a che punto mi avrebbe fatto bene scrivere pubblicamente tutto ciò che normalmente tenevo privato. In realtà non è cambiato nulla, perché come nessuno ha mai letto ciò che ho scritto e tenuto nascosto, nessuno ha letto ciò che ho scritto e pubblicato. 
Era circa metà giugno quando ho scritto il primo post; l'unica cosa che volevo, era una pagina che raccogliesse in maniera ordinata e in forma totalmente anonima le mie elucubrazioni.  
Nessuno che conosco sa di questo blog. Nessuno. È uno spazio solo mio, è il mio segreto. 
Non l'ho pubblicizzato sulla mia bacheca personale di Facebook o su altri siti, non l'ho fatto conoscere ad amici e parenti. L'unica "promozione", se così la si vuol chiamare, avviene nel momento in cui pubblico su Twitter e su Google+ il link per raggiungere l'ultimo post pubblicato. 
I risultati sono scarsi, cosa dico scarsi? Nulli. Se qualcuno ha visitato la pagina, probabilmente si è sbagliato. 
Sia chiaro, non cerco fama o gloria, scrivo solo per me, per mio piacere personale, per incoraggiarmi e per capire che qualche volta, anch'io riesco a costruire qualcosa e a portarla a termine.
Mi sarebbe piaciuto però, ricevere un commento o due sotto ai racconti, o sotto le opinioni che ho espresso, o che ne so? Boh?! Non so niente. Niente! Quindi, lasciate perdere che va bene così.

0 Critiche.
0 Incoraggiamenti.
0 Complimenti.
0 Insulti.

In realtà, non mi interessa se qualcuno legge o meno (con questi risultati avrei già abbandonato se mi interessassero i click), mi interessa solo continuare a scrivere. 

Se analizzo il blog con occhi distaccati, sembra concepito da un principiante, uno che non ha idea di come si gestisce un buona pagina, ed infatti è proprio così; le grafiche sono orrende, il nome è troppo pretenzioso e il mio nickname, ragazzi... ma vogliamo davvero parlare del mio nickname? Lasciamo perdere va'...
Però sapete che c'è? Mi sta bene così! Perché io voglio solo scrivere, sfogarmi, inventare storie, ragionare su argomenti che mi colpiscono, divertirmi a raccontare cagate, fare il punto della situazione. Qui lo faccio in assoluta libertà. Nessun limite.

I motivi per cui avevo aperto il blog li ho spiegati qui e non mi va di ripetermi perché in fondo non sono cambiati. 
Voglio solo ricordare a chi ha un momento problematico, uno di quei periodi neri che sembrano non finire mai, che ciò che lo aiuterà ad uscire dall'oscurità e che lo trascinerà di nuovo e con rinnovata forza verso la vita, sarà fare la cosa che più ama. Per me è, ed è stato scrivere. 
Fate ciò che amate e sarete felici. (Minchia, che frase fatta! Provate a smentirla però...)

Questa sera saluteremo il 2016 e io lo abbraccerò forte, perché è stato un anno che mi ha fatto capire tante cose, specialmente quali sono quelle veramente importanti. 
È stato un importante insegnante, uno di quelli severi, che ti dà un calcio nel culo, e che sveglia la tua mente, che ti scuote per le spalle e ti fa deviare quella strada che sembrava già inevitabilmente imboccata. 
Uno di quegli insegnanti preziosi, che inizialmente ti stanno un po' sui coglioni ma che alla fine apprezzi più di tutti.
Il 2017 per adesso lo guardo con sospetto, proprio come ho fatto a suo tempo col suo predecessore. Non lo conosco ancora bene e io ci metto un pochino a fidarmi delle novità. Ma ora brindiamo!


Foto salvata da foursquare.com

Grazie 2016.  A noi, 2017!

mercoledì 28 dicembre 2016

È Questo L'Amore?

Le relazioni si basano su instabili equilibri che le rendono estremamente fragili; è necessario perciò averne grande cura, perché come senz'altro saprete, richiedono attenzioni sempre maggiori e sempre più particolari ad ogni anno che passa, ma soprattutto richiedono grosse, grossissime quantità di pazienza. 
Basta una piccola offesa, un piccolo insignificante equivoco ad innescare un effetto domino potenzialmente distruttivo per il futuro della coppia. 
Basta un leggero sfregamento di pietre focaie, un insignificante, innocua scintilla fatta brillare in un ambiente già instabile, a dare l'innesco ad un incendio che in poco tempo ridurrà il vostro grande amore in una montagna di cenere.

E all'improvviso tutto si rompe. Il cuore non batte più, la mente sogna di fuggire e le farfalle che avevi nello stomaco, sono tutte morte. Così apri gli occhi e scopri che la graziosa ragazzina che hai conosciuto una calda sera d'estate, in realtà non è altro che un mostro mutaforma di cui ormai sei preda. 
Capisci che la leggiadra fanciulla che ti aveva baciato il giorno seguente, all'ombra di un lenzuolo, recitava solo una parte utile ad offuscare la tua mente, e a nascondere l'orribile bestia che si è poi rivelata essere, poco dopo che le hai donato il tuo cuore.
Ed eccola lì, che usa la tua dignità come uno straccio da pavimenti, che ti rende ridicolo appena ne ha l'occasione e che cerca di farti apparire sempre più stupido agli occhi della gente che non sa, non sa quale indicibile mostro ti stia accanto. Loro non lo sanno, perché se sapessero, se solo capissero cosa stai passando, ti tirerebbero fuori da quell'inferno.

Guardavo con odio le coppie che frequentavamo. 
Perché non erano come noi? 
Perché loro non tentavano di distruggersi, di sminuirsi a vicenda come facevamo noi? 
Perché non cercavano di prevalere l'uno sull'altra, come se fossero in una folle corsa dove nessuno vince, ma anzi, ognuno ne esce un po' più solo e distrutto? 

Perché? 

Ci ho messo un po' di tempo, ma credo di essere riuscito ad arrivare a darmi una risposta convincente e credo anche che non sia troppo lontana dalla realtà: 
Noi ci odiavamo ed eravamo infelici. Loro no.

Alla mia età si smette di credere al colpo di fulmine, al Grande Amore, al principe azzurro o alla principessa rosa. Il cuore non batte più al sol sfiorarsi, non sudano più le mani per l'emozione di una carezza. L'amore non è più quello della giovinezza. 
Non voglio passare per cinico perché non lo sono, ma in fondo penso che l'amore non sia altro che la più fantasiosa scusa che utilizziamo per non passare la vita da soli.
Quanto deve essere forte il bisogno di sentirsi amati se non bastiamo nemmeno a noi stessi? Quanto, se siamo pronti a condividere la nostra vita con persone che alla fine arriveremo ad odiare? Di cosa abbiamo paura veramente?

Le coppie che ce la faranno, sono quelle che nonostante la vita le sommerga di merda esattamente come tutte le altre, alla fine trovano sempre la forza di lottare per quel rapporto. 
Sono quelle che hanno la voglia di rincorrere l'altro se tenta di scappare, sono quelle che hanno il coraggio di parlare se ci sono dei problemi, sono quelle che provano a risolverli insieme. 
Sono quelle che in mezzo alla frenesia della vita, ogni tanto si fermano e ridono insieme. 
Sono queste le coppie che arriveranno unite alla fine del viaggio. 
E sapete perché?
Perché un giorno uno dei due avrà bisogno di un sostegno, e l'altro, nonostante tutto, sarà lì al suo fianco.
Proprio dove doveva essere.
Proprio dov'è sempre stato.

lunedì 26 dicembre 2016

Posso Immaginare, Non Capire

Provate ad immaginare di essere una ragazza di circa trent'anni che vive in un paese straniero. Immaginate di aver dovuto emigrare dal vostro paese perché, si sa, i tempi sono quello che sono e di trovare un lavoro vicino a casa, non se ne parla proprio. Però siete un tipo brillante e avete trovato in Germania, un occupazione che soddisfa appieno le vostre competenze e vi permette di vivere una vita, se non agiata, ameno tranquilla.

Nonostante la soddisfazione di avercela fatta con le vostre forze e aver un buon lavoro, il vostro paese vi manca terribilmente e non perdete occasione per qualche fugace ritorno. 

Ormai Natale è alle porte e, almeno per le feste, potrete tornare a respirare l'aria di casa e finalmente riabbracciare la vostra famiglia. 
Mancano pochi giorni alla partenza e di sicuro non volete presentarvi a mani vuote, allora vi coprite bene, perché a Berlino in questi giorni fa molto freddo e vi avviate al mercatino natalizio della città. Il Natale porta colore e allegria. Per strada si respira quell'aria di festa che solo questo periodo sa portare. Iniziate a girovagare per le numerose bancarelle, fate qualche acquisto ma il mercatino è grande, non lo avete ancora visto tutto, così continuate a spulciare, a scartabellare, a curiosare tra la merce esposta, alla ricerca di qualcosa che impreziosisca il vostro ritorno.


Immaginate ora, lo stato d'animo di quella giovane donna. Come si sentiva in quel momento? Felice? Stressata? Ansiosa? Serena? Non possiamo saperlo. 

Possiamo però immaginare la paura che ha senz'altro provato quando, improvvisamente, ha sentito urlare per il panico le persone che si trovavano vicino a lei in quel momento.

Imaginate la folla che fugge, immaginate la disperazione delle urla, immaginate il rumore del caos.

Immaginatela che si volta verso l'origine di quelle grida. Ha ancora in mano un vaso che pensava di regalare a qualcuno e gli occhi le si spalancano vedendo, per una frazione di secondo, un tir che le corre incontro a folle velocità e che falcia qualsiasi cosa ostacoli il suo percorso.

Il vaso cade a terra distruggendosi in mille pezzi. 

Immaginate il suo sorriso spegnersi. 
Immaginate la sua vita spezzarsi e insieme alla sua quella di tutti coloro che la amavano.
Immaginate il vuoto lasciato nella sua famiglia.

Insieme Lei, altre undici persone hanno perso la vita.
Insieme alla sua, altre undici famiglie piangono la loro assenza.

Nel frattempo è morto anche il suo assassino. A lui non fregava un cazzo di nulla. Lui voleva solo distruggere e devastare. Voleva solo fare del male.
Ce l'ha fatta.

Ha distrutto e devastato 12 famiglie, sconvolto una città e evidenziato ancora una volta la nostra fragilità e impossibilità a difenderci da attacchi di questo tipo. 


Ha raggiunto il suo obbiettivo, ma no ha vinto. 

Il terrorismo non vince mai.


In alcuni momenti vorrei poter credere al concetto di paradiso ed inferno, vorrei che esistessero sul serio e vorrei avere la certezza che chi sbaglia in questa vita, in un modo o nell'altro ne pagherà le conseguenze.

Purtroppo la mia mente razionale rifiuta questi ideali e sa che il destino di Fabrizia e anis amri è stato identico. Entrambi hanno concluso la loro vita e per entrambi ora c'è soltanto buio e silenzio. 
E questo mi fa incazzare da morire. 


Mi ha colpito molto la tragica vicenda di questa ragazza che stava cercando la sua strada e che stava lavorando per costruirsi un futuro migliore, una vita felice, un esistenza serena. Mi hanno colpito molto i suoi occhi, la sua voglia di vivere e il suo sorriso. Un sorriso che rimarrà nei ricordi dei suoi cari. 
Per sempre.



giovedì 15 dicembre 2016

Liberi Di Scegliere

Non ho mai desiderato essere un eroe, non ho mai voluto stare al centro dell'attenzione e non ho mai aspirato ad essere colui che porta in alto il vessillo di qualsivoglia gruppo o squadra. Non ho mai desiderato essere il più forte, il più bravo, il più potente o il migliore in qualcosa.
Quando da bambino giocavo con mio cugino e fingevamo di essere supereroi, io sceglievo sempre di interpretare Robin, mai Batman.
Non desideravo primeggiare ad ogni costo, mi bastava solo partecipare, essere parte della squadra, presenziare all'evento, anche in penombra, anche dall'ultima fila. L'importante era avere il privilegio di osservare ciò che succedeva, essere testimone delle molte vite che si intrecciavano dinnanzi a me, analizzare gli eventi che si manifestavano sotto i miei occhi curiosi. Prendevo mentalmente appunti, ricordavo le sensazioni, analizzavo le conseguenze cercando di arrivare finalmente a comprendere il mondo che mi circondava. 
Non ci sono mai riuscito.
Non volevo essere il migliore, ma avrei voluto sviluppare gli interessi che avevo e che fin bambino erano numerosi. Nel corso della mia infanzia, ho chiesto varie volte ai miei genitori di imparare a suonare la chitarra, di andare a lezioni di pianoforte, di giocare in una squadra calcistica, di imparare a nuotare; avevo fin da piccolo interesse per il cinema e la letteratura, i fumetti, la televisione. Ho esternato apprezzamenti su tutto ciò che amavo e lasciato di proposito indizi che indicavano quello che desideravo veramente. Non sono stati colti. O non li hanno visti o li hanno deliberatamente ignorati.
Se un bambino sviluppa interessi e passioni che i genitori non sapranno poi indirizzare verso un percorso idoneo, impiegherà sempre il doppio/triplo/quadruplo del tempo solo per capire quale strada imboccare. Ci arriverà prima o poi, ma forse sarà troppo tardi per esprimere tutto il suo potenziale. Ovviamente ci sono molte strade giuste ma non tutte portano dove le tue aspirazioni volevano che arrivassi. 
Così ci si accontenta della propria vita, perché in fondo poteva anche andare peggio, ma sotto sotto, non si è mai veramente soddisfatti.
Ci sarà sempre quella sensazione di malessere latente che avvelenerà la tua anima facendoti credere che tutto ciò che hai fatto non vale nulla.

Amo la mia vita, amo ciò che sono e quello che ho costruito, ma so che non ho fatto la vita che avrei potuto fare se solo avessi avuto stimoli differenti e attenzioni maggiori verso ciò per cui ero portato.
Sicuramente non sarei stato un Eric Clapton, ma magari avrei messo su una band con cui suonare alle sagre paesane e godere di quei momenti che invece non ho mai vissuto.
Se avessi sviluppato la mia passione per la lettura prima, magari adesso potrei lavorare nell'editoria o comunque fare un lavoro inerente alla mia passione. 
Nessuno può prevedere ciò che sarebbe successo se solo avessimo imboccato la strada di destra piuttosto che quella di sinistra.



Se vostro figlio vi dovesse esternare il desiderio di imparare a suonare la chitarra o qualsiasi altro strumento, se vi dovesse confidare che gli piacerebbe tanto fare il trequartista o il pilota in Formula 1, se vi dovesse dire che gli piacerebbe provare a danzare o a recitare, per l'amore di qualsiasi cosa possa esserci di supremo, fategli provare a fare ciò che vuole. Certo potrà anche fallire, magari si stancherà e abbandonerà l'attività, ma almeno non avrà il rimpianto di non averci nemmeno provato.
Fate in modo che non si ritrovi a trent'anni a prendere in mano una chitarra e cercare di imparare da solo con risultati patetici.
Coltivate le doti che i vostri figli presenteranno nel corso della loro infanzia e adolescenza.

Volete assolutamente che vostra figlia sia una dottoressa o un avvocato piuttosto che una musicista o una scrittrice? Su questo proprio non si discute? Devono fare per forza quello che dite voi, perché sono ancora piccoli e non saprebbero scegliere correttamente ciò che a loro piace? 
Avete tutta la mia comprensione e siete liberi di educare la vostra prole come meglio credete, ma per quanto mi riguarda, non capite un cazzo. 
Liberi voi di fare quello che volete, libero io di dirvi come la penso a riguardo.
In ogni caso viva la Libertà, che è la miglior forma di convivenza possibile.

mercoledì 30 novembre 2016

Cercando L'Ingranaggio

Avere buone idee è cosa assai rara, 
avere ottime idee è praticamente cosa unica,
ma avere l'Idea che ti cambia la vita per sempre, 
è cosa quasi impossibile.

In realtà non è così. 
Succede, e anche piuttosto spesso. 
Solo che succede sempre agli altri. 
Mai a noi.

Gli altri ci provano di più. Forse.
Ci credono di più. Può darsi.
Quel che è certo è che certi colpi d'ala
sono riservati a persone che non siamo noi.
Persone che hanno qualcosa in più.

Hanno una passione e la forza per portarla avanti.
Nonostante tutto.
Nonostante tutti.

Potresti anche avere un occasione.
Può succedere. 
Quando tutti gli ingranaggi saranno al posto giusto, 
potrà succedere.
Ma se solo uno dei meccanismi dovesse mancare,
o essere nel posto sbagliato, 
l'orologio smetterà di battere l'ora giusta
e il tuo attimo svanirà.
Per sempre.

E se l'ingranaggio che fa girare il meccanismo,
quel piccolo pezzo che dà il via all'idea non esistesse?
Il problema non si pone nemmeno. 
Se manca l'ingranaggio,
manca anche il sogno.

Cogli le fottute opportunità che ti cadono addosso,
non tentennare
e fa' ciò che può portarti più vicino a realizzare il tuo sogno.

Tutto sta nel cogliere le occasioni.
Sta proprio tutto lì.

giovedì 24 novembre 2016

Storia Di Nessuno #1 - Diario Di Un Vincente

Mettiamo le cose in chiaro: come me al mondo non c'è nessuno. Nessuno. E non lo dico per esaltare la mia splendida persona. Sono oggettivo. In giro non troverete nessuno più intelligente, brillante e bello di me. Sono una persona splendida, lo dice anche mia mamma. Mio papà dice che sono anche intelligentissimo e che nessuno riuscirebbe a farla in barba a me. Solo Dio sa quanto ha ragione.

Ehi, non sono così ingenuo, so perfettamente che dicono così perché sono figlio loro, però, se mi guardate bene, vedrete che non hanno tutti i torti; insomma, che sono bello come un dio, quello è innegabile e anche in intelligenza vi dò un bel po' di metri a tutti; pensate solo a quando dissi a mio padre che Higuain sarebbe andato via dal Napoli. Sapevo perfettamente quello che stavo dicendo, e i fatti alla fine mi hanno dato ragione. No, non sono un indovino, niente di tutto ciò. Riesco solo a intuire le reali intenzioni delle persone. È il mio talento.

Persino una trasmissione culturale del calibro di Tiki-Taka aveva solo paventato la possibilità che il Pipita ci lasciasse, ma per me è stato chiaro fin da subito. Mi è bastato ascoltare l'intervista che ha rilasciato a fine stagione per capire che sarebbe partito. I suoi occhi parlavano chiaro. Mentiva quando diceva che a Napoli stava bene, che non ci avrebbe mai abbandonato. Io l'ho capito prima di tutti.


Ho mandato un curriculum a Mediaset per partecipare come esperto di calcio alle loro trasmissioni sportive. Non possono perdere un'opinionista del mio calibro. Per ora rimango in attesa ma so che da un giorno all'altro il mio iPhone inizierà a squillare e allora sì, che inizierà la mia scalata verso il successo. Nel curriculum ho elencato le mie qualità superiori sia mentali che fisiche. Come possono non chiamarmi?

Adesso guardatemi. Mi vedete bene? 

Fisico atletico, addominali scolpiti, folti capelli impomatati, Porsche Cayenne, Rolex al polso, abiti sempre rigorosamente fatti su misura e di pregevole fattura.

Vivo nella parte più esclusiva di Milano, in un appartamento... No scusate, in un loft di 40 metri quadrati, ristruturato e arredato dai migliori designer in circolazione. Ho puntato tutto sulla qualità. 

Nessun dettaglio è stato trascurato, perché quando sono nel mio rifugio voglio che tutto sia perfetto; quando le ragazze entrano, rimangono stupite dalla cura dei dettagli, dall'ossessiva ricerca di stile, dal design accattivante del mobilio, ma soprattutto adorano la scala che porta al soppalco. È fatta interamente in vetro ed è un vero capolavoro, un'opera d'arte. Se foste mai così fortunati da entrare in casa mia, vi guardereste intorno e rimarreste a bocca aperta, disorientati dalla perfezione e dalla bellezza di quella scala che pare faccia ascendere verso la camera da letto.

La qualità si paga, ed io non ho problemi in quel senso. Il mio appartam... loft è costato solo Cinquecentomila €uro, spiccioli per il mio portafoglio. Quello di mio padre in realtà, ma questi son dettagli. Le fighe che mi porto in camera mica lo sanno; a loro racconto che sono un importante uomo d'affari e che non posso parlare molto del mio lavoro perché è coperto dal segreto professionale. Solitamente basta questa frase perché abbassino le mutande. 

Abitando nel cuore di Milano, si sa che il parcheggio può essere un problema, ma non per me. Ho acquistato un posto auto proprio davanti al palazzo in modo da non avere scocciature. Ho uno spazio personale delimitato da quattro linee gialle con un paracarro mobile al centro che mi evita l'imbarazzo di arrivare e trovare il mio posto occupato. Una volta ci ho trovato parcheggiati due motorini. La gente proprio non ha rispetto per le regole. Ho chiamato il carro attrezzi e in un quarto d'ora il mio posto è tornato libero.

Mi state guardando bene? Mi vedete? No, non sono un miraggio ma uno splendido quarantenne in carriera a cui non manca proprio nulla. Un giorno probabilmente faranno un film sulla mia vita. Anzi, c'è talmente tanto da raccontare che sarebbe meglio una fiction. 

Nonostante queste indiscutibili prove di eccellenza, a Mediaset sono anni che rifiutano la mia candidatura da giornalista sportivo, asserendo che avere opinioni brillanti non è una caratteristica lavorativa che stanno cercando e che per fare il giornalista bisogna essere laureti. Pensa te cosa devo sentirmi dire... Ma non demordo, spedirò i miei curriculum alla Rai e quando Mediaset mi vedrà alla concorrenza rimpiangerà di non avermi assunto quando ne aveva l'occasione.

Tra le molte ragazze che frequento, ce n'è una prediletta. È una modella o meglio, lo diventerà sicuramente. Ha un fisico perfetto, lunghi capelli biondi a incorniciare un grazioso volto caratterizzato da tratti scandinavi che non sfigurerebbe sulle pagine di prestigiose riviste patinate come "Chi" o "Gente". Ogni tanto la vado a prendere all'uscita dalle lezioni. Quando arrivo di fronte al liceo, parcheggio la Porsche in modo che sia ben visibile e che la gente possa ammirarla e aspetto appoggiato alla carrozzeria in una posa elegante. Da sotto gli occhiali da sole alla moda, scorgo occhiate di invidia e apprezzamento da parte dei passanti. Quando suona l'ultima campanella e l'orda di ragazzetti invade le strade, noto con soddisfazione gli sguardi ammirati dei maschi e le languide occhiate delle ragazze che vorrebbero fare un giro sulla mia bella macchina. Siccome sono uno a cui difficilmente scappa qualche dettaglio, capisco subito che in realtà vorrebbero farsi un giro su di me. La mia "ragazza" Lucia, le fa crepare d'invidia quando monta sul sedile del passeggero e le distrugge definitivamente quando mi bacia appassionatamente. Tutti ci ammirano. Vorrebbero essere come noi, ma purtroppo per loro, la classe non è per tutti.



Quest'anno Lucia ha gli esami di maturità, deve studiare molto quindi capita che a volte non ci si veda per giorni. Va' spesso a studiare da una serie di secchioni che sono nella sua classe e li sfrutta nelle materie in cui non arriva alla sufficienza. Io ho comunque delle necessità fisiologiche che vanno soddisfatte e quando è troppo impegnata per adempiere ai suoi doveri, corro ai ripari come posso. Ho un ampia scelta tra le ragazze che mi ronzano intorno, purtroppo la cosa richiede un minimo di impegno sociale e quando l'ormone sale, non ho voglia di assecondare i rituali conformisti di questa società. Il corteggiamento è estenuante, roba d'altri tempi. No... io non ci provo nemmeno più. O fanno tutto loro oppure io faccio così:

apro internet, digito "ESCORT MILANO" e in un attimo il gioco è fatto! Ecco il paradiso della figa che spalanca il suo cancello davanti i miei occhi. Ce n'è per tutti i gusti, di ogni tipo, di ogni colore e di ogni forma. Non devi fare altro che cliccare sul numero di cellulare di quella che ti attizza di più e telefonare. Niente di più facile. Anzi a parlarne mi è venuta voglia. Sarebbe già tutto pronto se non fosse che sono al verde. Mio padre sta dormendo davanti alla tv, così mi metto a spulciare nel suo portafoglio alla ricerca di contante. So che a lui non da fastidio. 

Solo 300 euro, maledetto taccagno. Vabbè, me li faro bastare.


Saluto mia madre ed esco. Quando salgo sulla Porsche ho il serbatoio quasi a secco. Che palle! Torno in casa dei miei e lascio un posti-it per papà: "Fammi il pieno, prendo la tua". Domattina ci penserà lui e me la porterà direttamente a casa. Prendo le chiavi della sua Audi e vado al mio appuntamento.

Quando la troia apre la porta, rimane inebetita dalla sorpresa. Si aspetta il solito vecchio bavoso e pelato invece la sorte le ha spedito una specie di dio pronto a soddisfare i suoi istinti e a farle passare un'ora e più di puro godimento.

Quasi tutte alla fine mi ringraziano, di solito lo fanno dopo aver ricevuto i soldi, sì perché una brava professionista va pagata come si deve, sopratutto se fa un ottimo lavoro. Provo comunque a chiedere uno sconto, non si sa mai. Mi dice di no, forse la prossima volta. Non si rende conto della fortuna che ha avuto ad essere scopata da me. Non ci sarà una prossima volta. La prossima volta ci sarà un altro culetto da schiaffeggiare al posto del suo. A volte godono talmente tanto che penso dovrebbero essere loro a pagare me.

Non ho ancora parlato del mio lavoro. Non ce l'ho. Ho provato ad entrare in alcune aziende, ma queste persone pretendono che mi metta una tuta e che faccia l'operaio. Forse non hanno capito bene: o mi danno un ufficio o niente. Glielo detto e mi hanno risposto che per ruoli rilevanti e di responsabilità in azienda bisogna avere almeno il diploma. Non hanno proprio capito un cazzo. Io non ho bisogno del diploma perché possiedo già la laurea della strada. Tutto ciò che so l'ho provato sulla mia pelle, la mia esperienza l'ho acquisita sul campo facendomi il culo e sono tutte le sofferenze superate ad aver forgiato l'uomo di successo che si sono trovati di fronte. Glielo detto ma dicono che non basta, ci vuole per forza il diploma. 

Vabbè, oh io ci ho provato.

Qualche anno fa ho partecipato a Mister Italia. Ho quasi vinto. Sono arrivato tra i primi venti su cento. In realtà non avrei mai potuto vincere. Non uno come me, non chi onestamente va in palestra tutti i giorni cercando di scolpire il fisico, non chi nutre la mente con programmi culturali come "Pomeriggio Cinque", "Voyager" o "Mistero". No, non noi. Vince chi ha il culo coperto, chi ha conoscenze in giuria, chi è figlio o parente di... la meritocrazia in Italia è una pia illusione. Un miraggio irraggiungibile. Ci raccontano che siamo liberi ma finché saranno gli altri a decidere del nostro futuro, la libertà è solo una parola con cui riempirsi la bocca in campagna elettorale. 

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Ieri guardando Lucia, ho notato un filo di pancetta che tempo fa non c'era. Glielo fatto notare e anche lei non sa proprio cosa pensare. Le ho fatto capire che deve rimediare alla situazione attuale e darsi una regolata col cibo.

Ho iniziato allora a osservarla con occhio critico e mi sono presto accorto che, nonostante la palestra e la dieta ferrea che le impongo, i fianchi le si continuano ad allargare in modo costante. Perfino il seno che qualche tempo fa era l'emblema della perfezione, ha perso il suo splendore e sta cominciando un inesorabile decadenza che lo porterà, in un futuro non molto lontano, ad avere il capezzolo rivolto verso il pavimento.
Questo è inaccettabile.

Ok, è arrivato il momento di cambiare. Come pretesto, sfrutto la sua crescente voglia di maternità, le spiego che capisco i suoi bisogni ma che in questo momento non sono in grado di darle ciò che vuole. Non sono ancora pronto ad avere un figlio e forse non lo sarò mai. Le dico che dobbiamo lasciarci per il suo bene. Le spiego che a 25 anni ha ancora tutto il tempo per costruirsi la vita che desidera. Sono così saggio che dovrebbero prendermi come opinionista a "Uomini & Donne". Credo che manderò un curriculum anche a loro. Non si sa mai.

La rassicuro che il mio dolore passerà e che presto staremo meglio entrambi. Simulo una faccia disperata ma risoluta e mi allontano per sempre da lei. Le volto le spalle e mentre mi allontano sento che la vita ricomincia a sorridere. Mi sono liberato di una palla al piede che inizialmente era bellissima, fresca e soda ma che si stava avviando verso la lenta decomposizione che tocca a tutti, prima o poi. 

Sciò, vattene via! Vola verso altri lidi. Il mio è tornato finalmente libero. Ho solo 48 anni e di figa ne è pieno il mondo. Più Passa il tempo più sembra te la vogliano regalare. Io la prendo sempre molto volentieri. Non stasera però. Stasera c'è la partita dell'anno: Napoli-Juve. La fanno vedere su Sky. Trovo ingiusto dover pagare per vedere la televisione, che dovrebbe essere gratis per tutti. Non ho la minima intenzione di scucire nemmeno un centesimo, quindi vado da papà che l'abbonamento lui ce l'ha.

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Il Napoli ha perso. Scommetto che la Juve ha pagato la terna arbitrale. Fuorigioco inesistenti, falli non fischiati, cartellini rossi non estratti dal taschino. Non si può perdere 4 a 1 così. Un gol era da annullare e il rigore? Quello proprio non c'era! Per noi invece il rigore era grosso così! L'ha fischiato? Ovviamente no! Se poi quella maledetta traversa non avesse respinto il pallone avremmo sicuramente vinto noi.

Dicono che Moggi sia fuori dai giochi ma datemi retta, quello trama ancora dietro le quinte e protetto dall'oscurità tira ancora i fili dei burattini di questo calcio malato. 

Manderò un nuovo curriculum a Mediaset. A Tiki-Taka ci vuole qualcuno che dica la verità. La gente deve sapere. Nessuno deve perdersi le mie rivelazioni. 

Non capisco perché non mi chiamino mai. Se non per il mio acume, almeno per la mia bellezza ed eleganza.

Certe cose proprio non si spiegano.

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Ho incontrato una compagna dei tempi dell'università. Non ero iscritto, frequentavo i corsi solo per rimorchiare, ovviamente. Fingevo di essere uno studente per conoscere pollastrelle disponibili ad uno scambio di fluidi corporei. La facoltà che mi ha dato più soddisfazioni è psicologia. Le future psicologhe te la tiravano addosso come i carri di carnevale lanciano le caramelle.

Naturalmente non ha resistito al mio fascino e ha accettato di prendere un caffè. È invecchiata parecchio, ma lo scopo è comunque quello di farsela. È da un po' che non chiamo le mie puttane. Il conto è quasi vuoto. Mio padre ormai non ci sta più molto con la testa e a volte si scorda di versare i soldi. Oggi lo chiamo e glielo ricordo. Non è possibile che per provvedere ai miei istinti debba cercare di rimorchiare questa tardona; e mi tocca pure accontentarmi. La vita sta iniziando ad essere difficoltosa anche per me; questa crisi economica non risparmia proprio nessuno.

Parliamo e sorseggiamo amabilmente le nostre bevande nella caffetteria più in voga della città. Siamo seduti in piazza. Diamo visibilmente sfoggio della nostra superiorità rispetto alla gente normale che, con passo svelto si dirige verso chissà quale lavoro sottopagato. La gente ci guarda e ci invidia. Lo so. 

Cerco di farla parlare molto di sé, fingo di essere interessato a tutto ciò che dice anche se non la sto ascoltando per niente; continuo a pensare che se Hamsik non avesse preso quella traversa avremmo vinto. Un gol così avrebbe dato morale alla squadra e col cazzo che la Juve si sarebbe portata a casa tre punti.

Lei continua a blaterare qualcosa sul suo ex marito che ha fatto non so cosa non ho capito bene a chi, quando ad un certo punto inizia a parlare di me. Me ne accorgo perché dice, testuali parole:

<<Ricordo che quando ti ho conosciuto mi sembravi un dio. Bellissimo, curato in ogni aspetto. Facevi una gran figura con la tua macchina. Cos'avevi allora?>> - <<una Porsche 911 nera>> dico io con un sorriso compiaciuto.

<<È vero... Bellissima! Eri il sogno di molte ragazze della facoltà. Poi una giorno mi hai chiesto di uscire e io ho accettato. Ti ricordi?>> - non me ne ricordavo. Me ne ero fatte talmente tante che ad un certo punto i visi e le personalità avevano iniziato a confondersi. Per non offenderla confermo il suo ricordo.

<<Ero eccitatissima. Passasti a prendermi con un ora di ritardo. Io ti ho comunque aspettato e quando sono salita in macchina con te, ho iniziato a scoprire chi tu fossi e a capirti sul serio>>.

<<E chi sono?>> Lei porta la tazza alla bocca, beve un lungo sorso di caffè. Appoggia delicatamente la tazza sul tavolino ed ecco che ricomincia ad adularmi. Vuole portarmi a letto. Lo so io, lo sa lei. Non serve tutto questo teatrino.

<<Hai detto bene. Chi sei? Perché mi sembra che tutti questi anni non ti abbiano minimamente cambiato>>

<<Grazie è un gran complimento!>> "Dai andiamo da me" penso "lasciamo perdere queste stronzate e andiamo a scopare".

<<In realtà non lo è. Mentre il tuo aspetto esteriore si è deturpato come quello di tutti, la tua mente è rimasta infantile come allora. Fai discorsi che mio figlio di 14 anni troverebbe imbarazzanti per loro semplicità, vivi sfruttando i soldi di tuo padre e sopravvivi di espedienti. Continui a basare tutta la tua vita sull'apparenza, basta vedere il ridicolo trapianto di capelli che ti sei fatto. Guidi ancora una Porsche, ma non hai i soldi per il pieno, vivi in un loft in centro che non ti puoi permettere; e allora mi chiedo: chi sei davvero?>>

<<Sembri conoscermi bene. Dimmelo tu chi sono.>>

<<Non trovi nemmeno argomenti per difenderti. Non sei altro che una maschera che tenta di recitare una commedia solo sua, una commedia a cui tutti hanno ormai smesso di interessarsi e che trovano solo patetica. Mi piacerebbe disturbare il pesante sonno della tua mente, svegliare la tua coscienza e farti capire la realtà che ti circonda. Vorrei che ti vedessi da fuori e che capissi quanto è ridicolo vedere l'impegno che metti per far credere agli altri di essere ciò che tutti capiscono benissimo che non sei. Vorrei farti capire che tutto quello che hai, un giorno non molto lontano lo potresti perdere perché di tutto ciò che possiedi, tu non hai costruito niente. Nulla è veramente tuo.

Ormai hai 50 anni e non sarò di certo io a farti cambiare, ma trovavo giusto dirti queste cose>>.

<<Ne ho 48 di anni, comunque>>.

Inspiegabilmente si alza e se ne va senza nemmeno salutare, lasciandomi non solo le palle piene, ma anche il conto da pagare. 

Vent'anni fa devo averla scopata proprio male. 

Peggio per lei, non saprà mai quello che si è persa oggi. 

Con nonchalance mi alzo, sistemo accuratamente la sedia sotto al tavolino e lentamente m'incammino verso Corso Venezia.

lunedì 14 novembre 2016

Benvenuti su FB e... Addio!



"Benvenuti!

Io sono DarkShadow Slayer e questa è la pagina che raccoglie gli scritti del mio blog: This Is The Way.

Nell'estate appena passata, ho vissuto momenti davvero difficili che mi hanno letteralmente catapultato in un abisso dal quale temevo di non uscire molto presto. 
Il sedici di Giugno, stavo leggendo un articolo in cui si spiegava il potere terapeutico della scrittura e quelle parole mi hanno portato ad una considerazione. 
Ho sempre scritto molto, ma l'ho sempre fatto solo per me. Nessuno ha mai letto ciò che la mia fantasia ha prodotto. Nessuno ha mai letto gli scritti dei miei pensieri, delle mie emozioni o delle furiose liti fatte con me stesso e svoltesi su sgualciti fogli di carta a cui poi davo fuoco per non lasciarne la minima traccia. Sapevo bene cosa stava cercando di spiegare quell'articolo. Sapevo perfettamente che scrivere aiuta a sistemare il groviglio di pensieri che turbinano nella nostra mente, a catalogare le idee, a chiarire le emozioni.
Quell'articolo ha avuto il merito di farmi capire che era il momento di cercare un riscontro, di vedere se ciò che scrivo ha un minimo di valore. Sinceramente da solo non lo capisco.
Siccome sono estremamente timido e insicuro, il 16 giugno 2016 è nato DarkShadowSlayer, mio alterego e difensore morale pronto ad assorbire e filtrare le voci maligne che presto o tardi si faranno sentire. Il nome significa "Cacciatore di Ombre Oscure". Le ombre oscure sono quei momenti bui, quelle solitudini, quei piccoli attimi di depressione che tutti viviamo; e qual è la strada che in quei frangenti mi aiuta ad alzare di nuovo la testa? 
Bravi! Proprio lei... la scrittura.
Così ho aperto un blog che mi obbligasse a scrivere con più costanza e maggior impegno. 
Un blog dove posso scrivere di qualunque argomento io abbia voglia di parlare. Un blog dove decido io cosa dire. Un blog dove posso inventare storie o raccontare le mie verità.
Il blog si chiama "This Is The Way". 
Cioè: "Questa è la via".
La strada per la mia salvezza passa dalla scrittura, ed è una strada fatta soprattutto di libri, penne, fogli e parole in libertà."

Questo è il primo post scritto sulla pagina che ho aperto su Facebook. Tra qualche ora chiuderò quella pagina senza rimorsi né rimpianti; non mi serve e il più delle volte mi dimentico che esiste. La utilizzavo solo per raccogliere tutti i post di questo blog, ma quello lo faccio già con Google+. Basta e avanza. 
Chiudo anche Tumblr; non è male come social ma non ho né voglia né tempo di seguirlo, e in fondo è solo un altro raccoglitore di post.

Così sopravvivono: questo blog, Twitter e Google+ e siccome nessuno li caga nemmeno di striscio, forse sono anche troppi; però Twitter mi diverte, Google+ mette ordine al caos, e questo blog, beh... questo blog semplicemente mi serve.

lunedì 31 ottobre 2016

Horror Story #1 - Speciale Halloween - L'Uomo Nero

Anche questa notte i miei occhi si spalancano nel sonno. Sto dormendo, so perfettamente di dormire, ma sono cosciente della realtà che mi circonda.
Sono prigioniero del mio letto. Non riesco a muovermi. I miei occhi sono aperti, apparentemente sono sveglio ma non riesco a muovere un solo muscolo del mio corpo.
Succede ormai ogni notte da un mese a questa parte. Comincia sempre nello stesso modo. All'improvviso si alza un brusio di fondo, una cacofonia di voci che si accavallano l'una sull'altra senza far percepire chiaramente il significato delle parole. La sofferenza che esprimono queste voci al contrario, è talmente chiara da risultare quasi palpabile. Urla strazianti, nenie e lamenti che fanno sprofondare la mia giovane anima nel più cupo degli inferni. Poi, le voci che fino a quel momento hanno urlato il loro dolore si zittiscono, proprio come quando a teatro si apre il sipario e il chiacchiericcio scéma velocemente. Ecco, è proprio in quel momento che arriva lui. L'uomo nero.

La prima notte che venne a farmi visita io piangevo terrorizzato dalle voci strazianti che mi rimbombavano nel cervello. Lentamente vidi la figura sconosciuta di un uomo comparire e fermarsi davanti alla porta aperta della mia camera. 
La stanza era completamente buia, ma una leggera luce lunare proveniente da una finestra del corridoio antistante, ne illuminava l'ingresso. La sua ombra, dal contorno perfetto, occupò la porta. Cercai di urlare, ma le mie labbra erano serrate, per quanto mi sforzassi non riuscivo ad aprire la bocca. L'uomo non si mosse per molto tempo. 
Poi come era venuto, se ne andò.
La notte successiva tornò di nuovo. Anche quella dopo, e quella dopo ancora e ogni volta che arrivava, avanzava di un piccolo passo verso il mio letto. Ad un tratto si fermava e stava lì, immobile ad osservarmi; poi tornando sui suoi passi, se ne andava. 
Ogni volta che le urla strazianti delle voci riempiono la stanza, so che lui sta per arrivare e che, anche questa volta, farà un passo in più che lo porterà sempre più vicino a me.


Le voci hanno finalmente smesso il loro tormento. L'uomo nero sta per arrivare. Lui arriva sempre nel più completo silenzio. Silenzio che in realtà ha un suo suono particolare, un suono terribilmente vuoto. 
Eccolo, è arrivato. Avanza lentamente, come sempre. La sua figura claudicante è come un buco nero, non riflette nessuna luce. L'uomo nero assorbe tutte le mie emozioni, si nutre del mio terrore, vive della mia paura. Vuole farmi impazzire. Lentamente si  avvicina. Il suo procedere sinuoso è quasi ipnotico.  
Sono completamente scosso da fremiti di terrore. Il mio corpo, seppur paralizzato, si scuote come se fosse invaso da potenti scosse elettriche. 
Ora si trova al mio fianco.
Non vedo i suoi occhi ma so che mi sta fissando. 
Il suo volto si avvicina al mio. Sto per morire. 
Mi scruta, mi annusa, vuole farmi morire di terrore. 
I miei occhi spalancati, non riescono a reggere lo sguardo verso quel buio infinito. Sposto gli occhi dove la sua immagine non occupa la mia vista ma lui segue il movimento dei miei occhi. Vuole farmi vedere la sua oscurità. Vuole farmi conoscere il suo abisso. 
Poi l'uomo nero fa una cosa che non ha mai fatto. Parla, e dice: 
- la fine è vicina.
Nella sua voce ci sono tutte le sofferenze dell'inferno. Il suo alito è gelido come le sue parole.
"La fine è vicina". Cosa diavolo vuol dire?
Poi, esausto, crollo addormentato.

Che significato avevano le parole che l'uomo nero mi ha rivolto ieri notte? Sto per morire? La fine delle sue visite sta arrivando? Cos'è vicino? È tutto il giorno che mi tormento con queste domande. Domande a cui non riesco a dare nessuna risposta logica.
Aspetto con ansia il momento di andare a dormire. Mai come questa notte ho bisogno di incontrarlo.

Non è venuto. Questa notte mi ha lasciato in pace. Forse le sue visite sono finite! Forse questo incubo è giunto al termine. Ma che senso hanno avuto? Che senso ha avuto tormentarmi un mese intero? Perché?

Sono passate due settimane dall'ultima visita dell'uomo nero. È finita. Ne sono certo.

Gli occhi si aprono. È troppo buio per essere mattino e le voci strazianti alle mie orecchie sono inconfondibili. Sta arrivando. Dopo più di un mese sta tornando. Provo a muovere la testa ma non ce la faccio. La stanza si fa improvvisamente gelida, la notte più scura. Le urla sono cessate e adesso il silenzio è assordante. 

La silhouette perfetta dell'uomo vestito di tenebra si affaccia alla porta aperta della mia stanza. 
È lui, senza ombra di dubbio. 
Sinuoso, avanza verso di me con quella lentezza che farebbe impazzire chiunque. Ora è accanto a me. All'improvviso, con una velocità sovrumana si abbassa verso la mia faccia, avvicina le sue labbra al mio orecchio e dopo un tempo che sembra infinito dice: 
- La fine è qui. Svegliati e combatti!



Mi sveglio urlando con la faccia rivolta verso il cuscino. Qualcuno me lo sta premendo con violenza sulla faccia. Non capisco subito cosa sta succedendo. Qualcuno sta cercando di soffocarmi e non respiro più. 
L'uomo nero ha detto che devo lottare.
Inizio a dimenarmi. Sono molto agitato. La paralisi è svanita e sono pieno di energie. La persona che sta spingendo il cuscino sulla mia faccia ha un cedimento. Scalcio e muovo le braccia. Con le gambe riesco a spingere via il mio aggressore e finalmente respiro di nuovo. Inizio ad urlare tutta la mia rabbia, piango furiosamente e in casa sveglio tutti.

Con la coda dell'occhio vedo mio fratello che con un balzo si lancia sul suo letto proprio un attimo prima dell'arrivo della mamma. 
Mio fratello maggiore ha provato ad uccidermi. 
Mamma raggiunge il mio lettino e con qualche carezza riesce a calmarmi, poi mi prende in braccio e mi attacca al seno. 
Finalmente un po' di pace. 
Mentre mi consolo, fisso il letto di mio fratello. Finge di dormire, ma io so che è sveglio. So che sta ascoltando la mamma che sta cantando una ninna nanna tutta per me. So anche che da oggi dovrò guardarmi le spalle. 
L'uomo nero torna ogni notte, ma non dice più niente. Si limita a fissarmi.
È qui per proteggermi. 
Un oscuro e spaventoso angelo custode. 
Quando l'uomo nero entra nella stanza e mi fissa, posso dormire senza paura. Lui veglia su di me. L'uomo nero è mio amico.

domenica 30 ottobre 2016

L'Eterno Dolore

"...Anche la luce sembra morire, 

nell'ombra incerta di un divenire 

dove anche l'alba diventa sera 

e i volti sembrano teschi di cera..."

                                                                                                                                             Fabrizio De André



La sveglia sta suonando da dieci minuti buoni. È sul comodino e se solo volessi potrei spegnerla allungando un braccio. Invece no. Me ne sto lì, disteso sul letto con la faccia schiacciata contro il cuscino. Lo sguardo è fisso su quei numeri rossi che mi urlano di darmi una mossa. Non ne ho la forza. 
Mi sento vuoto, apatico, inutile.
In qualche modo mi scuoto, trovo la forza di far tacere quella cancrena urlante e mi giro dall'altra parte. Chiudo gli occhi. So di non essere solo nella stanza. Sento la sua ingombrante presenza vicino. 
Lei è qui, mi fissa, mi tormenta e si diverte a farmi a pezzi. 
La troia è tornata.

Io la chiamo così la depressione. Troia. Ormai sono anni che viene a farmi visita. Quando arriva e comincia a demolire gli instabili muri che ho faticosamente eretto per tentare di tenerla fuori, so perfettamente cosa devo fare per combatterla. Ho scoperto, negli anni di addestramento a questa guerra, che la mia terapia principale è l'ordine. Certo, prima di arrivare a metterla in pratica devo fare sforzi sovrumani, anche solo per alzarmi in piedi, reagire e tirare fuori quel minimo di energia utile alla causa; ma poi eccomi lì, a svuotare mobili, cassetti, scrivanie e credenze per poi riordinare e riorganizzare il tutto. Quasi come se mettere in ordine un cassetto, mi aiutasse a mettere in fila le idee, a riordinare me stesso.
Di solito, dopo aver sistemato tutto, ho ammucchiato in un angolo un bel po' di spazzatura che butto dentro un grande sacco nero; me lo carico sulle spalle e lo lancio con violenza dentro ad un cassonetto.
Nonostante tutti questi sforzi, che credetemi sono enormi, la depressione è ancora lì, a punzecchiarmi col suo bastone appuntito che lascia graffi e cicatrici evidenti.
Questo piccolo rito mi risolleva lo spirito quel tanto da farmi stare  un po' meglio, da farmi sentire più leggero. Piano piano, recupero le forze che poi mi aiuteranno a combattere la troia e a mandarla a fare in culo a suon di calci in bocca.

Il mondo non sa cosa ti sta succedendo perché la battaglia si svolge interamente dentro di te. La gente non saprà mai quello che stai passando perché fuori mostri una maschera sempre sorridente, disponibile e allegra, mentre dentro in realtà stai cadendo a pezzi.
Hai passato anni a interpretare delle parti che non rispecchiavano il tuo stato d'animo, quindi alla necessità sai perfettamente indossare la maschera che più si addice alla situazione.
Chi soffre di depressione, diventa molto abile a nasconderlo agli altri, non per falsità o per malafede, ma semplicemente perché spesso è molto più facile fingere che vada tutto bene.
Le persone che vi stanno accanto non capiranno, spesso tenderanno a minimizzare, vi faranno male dicendo che siete troppo deboli o troppo fragili, che la situazione non è cosi brutta, che dovete uscire, divertirvi, che avete tutta la vita davanti e che dovete essere positivi e sorridenti. Stanno provando ad aiutarti, ma fanno più danni che altro perché chi sta combattendo con la troia non ha bisogno di consigli su come dovrebbe vivere la sua vita, ha semplicemente bisogno di essere ascoltato
Solo quello.
Sembra una cosa semplice ma credetemi, non lo è. Non è facile trovare una persona che ti ascolti veramente. Siamo tutti troppo presi da noi stessi e a nessuno interessa veramente cosa tormenta gli altri.
Per questo motivo ho aperto questo blog. Per sfogarmi quando le cose cominciano ad andare male, per parlare, anche se fosse solo con una pagina bianca. Nessuno mi giudica qui. Nessuno legge le mie farneticazioni, nessuno sa che esiste questo mio spazio. 
Allora perché continuo a scriverci?
Perché che lo faccia qui, su un quaderno o su dei fogli sparsi, lo farei comunque. Scrivere mi aiuta a combattere quei demoni e quelle ombre che tento costantemente di cacciare il più lontano possibile.
Le persone che provano ad aiutarti credono di sapere cosa stai passando; anche loro una volta sono stati malissimo per una relazione andata a male o per la morte improvvisa di qualcuno che amavano o per la perdita del lavoro e il conseguente crollo finanziario. Quelli però sono stati d'animo temporanei. La depressione è un altra cosa, è il nulla, l'annullamento della tua personalità. 
Un vuoto infinito dove non c'è nessun appiglio a cui aggrapparsi e con fatica, provare a rimettersi in piedi.
Non è tristezza, rabbia o malinconia, la depressione è soprattutto assenza.
La depressione non arriva perché sei un debole, non è una questione di fragilità, anzi, è una dimostrazione di grande forza.

Poi un giorno, all'improvviso, tutto cambia. Dal nulla, un raggio di sole entra nel tuo buio illuminandolo di nuove energie, ed è come se ti risvegliassi da un lungo torpore. Adesso vuoi tornare alla vita. La tua mente torna attiva, ricominci a fare progetti, a scrivere con più intensità, più passione, e ti sembra che tutto quello che hai appena passato non debba tornare mai più.
Purtroppo è molto raro liberarsi definitivamente della depressione. Lei tornerà. Probabilmente non sarà oggi, forse nemmeno domani o tra un mese, magari passerà un anno, ma prima o poi quella troia tornerà. In realtà non se ne sarà mai andata, ti avrà osservato da lontano per tutto il tempo, pronta ad approfittare del tuo primo cedimento. In un attimo ti sarà addosso, comincerà a bussare in maniera incontrollata alle tue porte, a battere sui vetri delle tue finestre, a picconare i muri della tua casa. Proverai a difenderti, lotterai strenuamente per non farti sopraffare; qualche volta riuscirai a tenerla fuori, altre soccomberai e appena una breccia verrà aperta nella tua fortezza, lei invaderà il tuo essere e diventerà parte di ciò che sei.
Buona parte di ciò che sono lo devo a lei, che ha forgiato il mio carattere e la mia personalità. 
La mia ironia, il fatto di non prendermi mai sul serio, l'essere così severo con me stesso e pretendere sempre qualcosa in più, deriva dalle molte lotte intestine avvenute nei luoghi oscuri della mia mente. 
Luoghi dove a volte, purtroppo, torno ancora.

La depressione non si batte mai, ma forse se si lotta in gruppo, la si affronta con meno fatica.
Se state male, parlatene; anche se gli altri faticheranno a capirvi. Sfogatevi. So che è difficile ma fatelo. Non abbiate paura delle reazioni degli altri. Non combattete da soli.
Per uscirne bisogna trovare quell'energia che non sapevi di avere e utilizzarla per superare l'enorme ostacolo che ti sbarra la strada.
Non abbassate mai la guardia, mai crederla sconfitta, quella troia è sempre pronta a saltarti addosso e a graffiarti l'anima.
Usate tutte le armi di cui disponete per demolirla: 
scrivete, leggete, suonate, dipingete, fate l'amore, accarezzate un cane, coccolate un gatto, abbracciate qualcuno e fatela a pezzi, mitragliatela a colpi di vita.
Vedrete che piano piano vi sentirete sempre più forti, restando comunque consapevoli che con la troia non ci saranno vittorie, ma solo altre battaglie.

"...Oltre il muro dei vetri 

si risveglia la vita 

che ti prende per mano 

a battaglia finita..."

                                                                                                                                             Fabrizio De André